Risposta all'articolo dal titolo
Egregio Direttore,
nell’articolo comparso ieri sull’edizione online del giornale da Lei diretto con il titolo “Università, tasse più alte. Stangata per i fuori corso” si presenta l’aumento delle tasse universitarie come inevitabile con la motivazione che gli importi pagati in Italia sarebbero bassi specie se confrontati con quelli del resto d’Europa.
In base ai più recenti dati OECD, tra i paesi dell’Europa a 19 per cui i dati sono disponibili l’Italia è seconda solo all’Olanda per importo annuale delle tasse studentesche e penultima (prima del Belgio) per percentuale di studenti beneficiari di contributi per il diritto allo studio (pag. 256 e seguenti del rapporto OECD 2011). In Italia, il fondo per le borse di studio (che già “copriva” solo 8 su 10 aventi diritto) con il precedente governo è stato ridotto di quasi il 70% (un’enormità!) e l’attuale governo si sta mantenenendo più o meno sui medesimi livelli. Mentre dunque in Italia le tasse sono paragonabili o – più spesso – superiori a quelle del resto d’Europa, il sostegno agli studenti meno abbienti è ridotto a livelli minimi.
Su “spending review”, tasse universitarie e fuoricorso inoltre è comparso proprio oggi sul sito web ROARS un articolo, che gli interessati possono liberamente consultare.
Infine, sui possibili aumenti delle tasse a carico degli studenti universitari a seguito della “spending review”, è possibile leggere i risultati di uno studio svolto recentemente dall’Unione degli Universitari e ripreso anche da Repubblica.
Grazie e cordiali saluti,
Marco Cosentino
Consigliere di Amministrazione
Università degli Studi dell’Insubria
nell’articolo comparso ieri sull’edizione online del giornale da Lei diretto con il titolo “Università, tasse più alte. Stangata per i fuori corso” si presenta l’aumento delle tasse universitarie come inevitabile con la motivazione che gli importi pagati in Italia sarebbero bassi specie se confrontati con quelli del resto d’Europa.
In base ai più recenti dati OECD, tra i paesi dell’Europa a 19 per cui i dati sono disponibili l’Italia è seconda solo all’Olanda per importo annuale delle tasse studentesche e penultima (prima del Belgio) per percentuale di studenti beneficiari di contributi per il diritto allo studio (pag. 256 e seguenti del rapporto OECD 2011). In Italia, il fondo per le borse di studio (che già “copriva” solo 8 su 10 aventi diritto) con il precedente governo è stato ridotto di quasi il 70% (un’enormità!) e l’attuale governo si sta mantenenendo più o meno sui medesimi livelli. Mentre dunque in Italia le tasse sono paragonabili o – più spesso – superiori a quelle del resto d’Europa, il sostegno agli studenti meno abbienti è ridotto a livelli minimi.
Su “spending review”, tasse universitarie e fuoricorso inoltre è comparso proprio oggi sul sito web ROARS un articolo, che gli interessati possono liberamente consultare.
Infine, sui possibili aumenti delle tasse a carico degli studenti universitari a seguito della “spending review”, è possibile leggere i risultati di uno studio svolto recentemente dall’Unione degli Universitari e ripreso anche da Repubblica.
Grazie e cordiali saluti,
Marco Cosentino
Consigliere di Amministrazione
Università degli Studi dell’Insubria
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Università, tasse più alte. Stangata per i fuori corso
Sono oltre 4.800 gli studenti di Insubria e Politecnico
Stangata in arrivo sugli oltre 4.800 studenti delle università
comasche. Martedì scorso il Senato, convertendo in legge il decreto del
governo sulla revisione della spesa pubblica, la cosiddetta “spending
review” (che dovrà ora tornare all’esame della Camera), ha introdotto
per gli atenei italiani la possibilità di aumentare le tasse pagate
dagli universitari, in particolare quelle versate dagli studenti fuori
corso.
Gli aumenti, però, potranno scattare anche per gli alunni in
regola con gli studi, con la clausola di salvaguardia, espressamente
prevista nel testo varato dal Senato, di limitare, per i prossimi tre
anni accademici a partire dall’anno 2013-2014 (e quindi fino al 2016),
al solo indice Istat che misura l’inflazione i rincari per gli studenti
il cui Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) non
superi i 40mila euro.
Anche per gli alunni fuori corso sono in
realtà stabiliti limiti precisi agli aumenti, ma si tratta di soglie ben
più alte. Per chi non si laurea nei tempi previsti e ha un Isee
inferiore a 90mila euro, i rincari non potranno infatti superare il 25%
delle tasse pagate dagli studenti in corso. La soglia massima di aumento
sale al 50% per chi può contare su un indicatore compreso tra 90 e
150mila euro e può arrivare fino al 100% per chi ha un Isee superiore a
150mila euro.
Saranno i consigli di amministrazione dei singoli
atenei a decidere se e di quanto alzare i contributi versati dagli
studenti, sulla base dei criteri che il Miur, il ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica, stabilirà
entro il 31 marzo prossimo, nel rispetto dei limiti fissati dal
Parlamento.
Di sicuro, però, gli atenei chiederanno agli studenti e
alle loro famiglie di pagare di più, visto il progressivo calo dei fondi
trasferiti dallo Stato alle università. La stangata coinvolgerà quindi,
con ogni probabilità, anche gli studenti dei due atenei attivi in riva
al Lario: la sede comasca dell’Università dell’Insubria e il polo
cittadino del Politecnico di Milano.
Stando agli ultimi dati
disponibili, tratti dal sito del Miur e riferiti all’anno accademico
2009-2010, il polo comasco del Politecnico conta 1.459 iscritti, per
metà in regola con gli studi (706) e per metà fuori corso (753). Alla
sede lariana dell’Insubria sono iscritti 3.350 studenti, in gran parte
regolari (2.219) e solo per un terzo in ritardo sulla tabella di marcia
(1.131). Nel complesso, i fuori corso sono quasi 1.900, mentre gli
alunni in corso sono oltre 2.900.
Lo stesso prorettore
dell’Insubria, Giorgio Conetti, alla guida del polo comasco, spiega che
«nel quadro generale della situazione del nostro Paese si tratta di
aumenti pressoché inevitabili, anche se spetterà al consiglio di
amministrazione definirne l’entità».
«Purtroppo - aggiunge Conetti -
è una necessità: il carico dei costi della formazione universitaria
sulle finanze pubbliche viene ridotto e, di conseguenza, viene aumentato
quello a carico dei fruitori, cioè degli studenti e delle loro
famiglie, che finora era oggettivamente ridotto se confrontato con gli
standard degli altri Paesi europei».
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