giovedì 22 novembre 2012

TRA IL DIRE E IL FARE: OVVERO IL PD E L’UNIVERSITA’

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I documenti a sostegno dei politici, corredati delle firme degli aderenti, sono un'arma a doppio taglio. Da un lato qualche nome ‘importante’, tra quelli che compaiono tra i firmatari, può indurre fenomeni imitativi, sulla base del semplice assunto: “se il sig. De’ Tali, di cui mi fido ciecamente, dice così, io dico lo stesso”, per transitività della fiducia. Dal punto di vista della logica epistemica, se a crede in b, e b crede in c, allora a crede in c. Prendiamola per buona, visto che c’è del vero in molti casi, senza avventurarci in una analisi strettamente logica, che porterebbe facilmente a dimostrare che una assunzione della regola in senso assoluto porterebbe all’indesiderata conclusione che ciascuno crede in tutto. Ma –dicevamo– è un'arma a doppio taglio; è un po’ come la legge del dictum de omni et nullo della sillogistica medievale. Ossia, vale anche la conversa: siccome a ha fiducia in b, e io non ho nessuna fiducia in a, allora io non ho nessuna fiducia in b.

Circola in questi giorni un “Manifesto degli intellettuali”, con 500 firme pro Bersani. Bene, tutte le (poche) volte che si parla di cultura. Una prima considerazione è di tipo meramente quantitativo: appare azzardato il titolo ricorrente a stampa: “L’accademia firma per Bersani” (cfr. ad es: http://www.corriereuniv.it/cms/2012/11/laccademia-firma-per-bersani/). Due appunti: primo, gli strutturati nell’accademia italiana sono circa 57.000, le firme sono 500: manca l’adesione dei restanti 56.500; secondo, se scorriamo l’elenco, troviamo sì qualche accademico, ma anche parecchi che saranno sicuramente intellettuali, ma certamente accademici non sono: registi, scrittori e quant’altro (grazie a dio abbiamo un’anagrafe dei docenti, è una delle poche cose che funzionano del MIUR). 

Ora, oggi ci sentiamo hegeliani, e ci gira in mente la fenomenologia dello spirito: tesi: quantità – antitesi: qualità – sintesi: relazione. Allora passiamo alla qualità. E qui si fa notte. Nomi illustri e stimati, certo, alcuni. Ci permettiamo un vezzo autobiografico: qualche ottim* amic*. Ma, ecco, qualche oligarca arrivista –e anche qui non facciamo nomi–, qualche illustre sconosciuto che ha vissuto la firma come una promozione sociale. Ma, quel che è peggio, il presidente della CRUI, quell’organismo di diritto incerto (pubblico, privato?) che rappresenta il club del potere oligarchico dell’accademia. Woody Allen (riprendendo G. Marx) diceva che non avrebbe mai aderito a un club che accettasse gente come lui tra i soci. Qui è un po’ lo stesso, prevale il dictum de nullo, quello che presiede a Celarent (Nessun A è B. Ogni C è B. Nessun C è A). Cioè a dire: che c’entriamo noi? Similis con similibus facillime congregantur. Ma allora che c’entriamo noi con i Magnifici, purtroppo non solo 7, ma settanta, o, secondo nostro (vostro) signore settanta volte sette? Mica noi siamo magnifici, magari neanche belli, carini forse. Ma vogliamo farci capire fuori dalle dotte affermazioni del De oratore di Cicerone: popolarmente, dio li fa, poi li accompagna.

Insomma, entro il clan del potere oligarchico cui la Gelmini ha inculcato l’accademia, sinceramente, noi non c’entriamo; e poi neanche ci vorremmo entrare.

Ma v’è un’ultima analisi da fare, e noi riteniamo, politicamente più pesante. Tra quelli aderenti, quanti sono i “precari”; quanti i giovani intellettuali veri, quelli che studiano ancora, invece di perdersi nei regolamenti, nelle interpretazioni, nelle riunioni fiume di stampo aziendal-burocratico? Non conosciamo tutte quelle firme de visu, ma per la maggior parte sappiamo chi sono. E allora la risposta è categorica: no one (così ci internazionalizziamo); nobody; non pervenuto. E allora non sorge spontaneo il sospetto che si sia di fronte alla consacrazione del potere oligarchico, alla difesa ad oltranza del privilegio, alla tracotanza del potere, infine?

Politicamente, caro Bersani, poco ci importa del plauso di chi il potere lo ha già, e ampiamente lo esercita. Gli atti politici da fare, al di là delle vacue dichiarazioni che la cultura è importante (sintesi di tutti i discorsi programmatici) sono ben altri da quelli che il PD ha fatto in appoggio al governo Monti. Dica Bersani chiaramente che sposta un 1 % delle spese militari dalle operazioni di guerra alla ricerca; che si impegna a riportare i finanziamenti alla scuola e all’università almeno al livello della media OSCE. Queste sono “proposte programmatiche”, quel che abbiamo oggi è aria fritta. Faccia questo, e firmeremo noi tutti, docenti di buona volontà, e non solo i suoi milionari registi/scrittori/magnifici/carini sostenitori. Oppure lasci perdere, da politico scafato può benissimo ignorarci: siamo quattro gatti. Sarà la Storia a vendicarci.


Maurizio Matteuzzi

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