Non è credibile l’opposizione del Rettore Mancini (già segretario ed oggi presidente della CRUI) alla inaccettabile proposta della spending review governativa: togliere 200 milioni all’Università per donarli in oblazione alla scuola privata. Non perché quanto scrive Mancini sull’Unità del 5 giugno non sia condivisibile, ma perché il Magnifico non ha titolo per stracciarsi le vesti. Chi ha sostenuto una riforma inaccettabile e chi, contro le disposizioni di quella stessa legge, finge di subire l’interpretazione ministeriale che raddoppia la proroga in modo da gestire in eccesso di mandato la transizione al nuovo ordine degli Atenei, non può adesso strepitare verso il Governo che lo tiene incollato alla sedia.
Anche questo spiega l’inattesa durezza della risposta del Ministro che, assimilando i suoi critici (tra cui Mancini) a uno sbavante quadrupede amico dell’uomo, conferma la sostanza dell’intervento: una sottrazione di risorse al versante della ricerca e dell’Università pubblica, equivalente ai trasferimenti a vantaggio dell’istruzione privata. Nessun guadagno di efficienza. Solo, la conferma di un indirizzo politico di lungo corso che considera il sistema pubblico dell’istruzione e della ricerca come un pesante fardello, una fonte di sprechi da recidere. Non si comprende come facciano gli esponenti del Ministero ad affermare che “il taglio, alla fine, non sarà applicato al fondo di funzionamento ordinario”, quando la risposta virgolettata del Ministro parla esattamente di una cifra di 200 milioni “proposta per il taglio al fondo di funzionamento ordinario delle Università”. Vuol forse dire che, alla fine, il taglio all’FFO sarà annullato? Vedremo.
Sicuramente non risultano condivisibili i richiami ad un “processo ancora in itinere” e da valutare ex post in relazione ai tagli all’Università o ad una riduzione di stanziamenti per il settore privato. Da un governo tecnico così sensibile alle istanze formulate dal Presidente della Repubblica, ci saremmo attesi maggiore coerenza con i vibranti interventi del Quirinale in merito alla necessità di non mortificare la ricerca, l’alta formazione e, in ultima istanza, il futuro del Paese. La spending review avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per invertire la rotta di una politica suicida, per prendere esempio da cugini-competitors (Germania e Francia in primis) che, in risposta alla crisi, hanno aumentato le spese per la ricerca e la formazione, considerandole giustamente un investimento per la competitività del sistema-Paese, un obbligo morale (prima che economico) verso i giovani e le future generazioni.
Auspichiamo che – come minimo – i tagli ipotizzati rientrino. Altrimenti l’intero sistema universitario nazionale dovrà reagire con la necessaria energia a questo ennesimo attacco. Come? Sensibilizzando nell’immediato le parti politiche e l’opinione pubblica, attivando le eventuali necessarie mobilitazioni e, non da ultimo, riaffermando i valori essenziale della legalità, della legittimità degli atti, della democrazia nelle Università tramite l’elezione di nuovi Rettori, capaci non solamente di “gestire transizioni”, ma soprattutto di difendere e rilanciare in maniera seria, forte, credibile l’Università italiana senza poter essere immediatamente richiamati all’ordine, paragonati al cane di Pavlov.
Il coordinamento nazionale NO PROROGA RETTORI
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