venerdì 27 gennaio 2012

Emergenza Università pubblica - In meno di un giorno le prime mille firme per l'appello!


Tasse studentesche più alte e abolizione del valore legale del titolo di studio non miglioreranno l’università pubblica italiana.

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domenica 22 gennaio 2012

IL VALORE LEGALE DEI TITOLI DI STUDIO E LA RIFORMA UNIVERSITARIA


IL VALORE LEGALE DEI TITOLI DI STUDIO E LA RIFORMA UNIVERSITARIA

Appunti di Giovanni Cordini
Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato nell’Università degli Studi di Pavia

Alla fine degli anni ’80 prendeva avvio in Italia un processo di radicale riforma dell’ordinamento universitario, all’insegna dell’autonomia degli Atenei, dopo che erano trascorsi quasi dieci anni dall’entrata in vigore delle profonde modificazioni intervenute nello stato giuridico dei docenti con la legge delega del 1980 e il D.P.R. 382/1980. Questo ampio riassetto non ha alterato l’adesione del nostro sistema a quelli che riconoscono il valore legale dei titoli di studio e ne regolano conseguentemente gli effetti sia nell’ambito degli studi, sia in rapporto alle professioni e al pubblico impiego.

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CoNPAss - LIBERARE L'UNIVERSITA'... DA LUOGHI COMUNI E MISTIFICAZIONE


CoNPAss - Coordinamento Nazionale Professori Associati invita i sottoscrittori dell'appello intitolato "Vogliamo liberare l’università" e pubblicato ieri sul Riformista a confronti pubblici in tutte le sedi che essi riterranno opportune.

L'appello sollecita: l’abolizione del valore legale del titolo di studio, la liberalizzazione delle rette universitarie, l’istituzione di un sistema di borse di studio e prestiti d’onore.

CoNPAss ha già avuto modo di chiarire [link] come l'abolizione del valore legale dei titoli di studio avrebbe quale conseguenza l'esclusione dei nostri laureati dalla libera circolazione nello spazio europeo nonché il proliferare incontrollato di "esamifici" e "titolifici" che immetterebbero nel mondo del lavoro e delle professioni persone prive di qualsiasi garanzia di preparazione e competenza.

Altrettanto negativo è il giudizio di CoNPAss sulla "liberalizzazione" della contribuzione studentesca e sull'istituzione di un sistema di "prestiti d'onore" (quanta ambiguità e inganno si celano talora nelle parole...). Chi invoca le "virtù taumaturgiche del libero mercato" (mai dimostrate e probabilmente inesistenti) certo dimentica o ignora che è la stessa Costituzione italiana a stabilire che "i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi" e che "la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze". E non costringendoli a indebitarsi prima ancora di avere l'opportunità di trovare una dignitosa collocazione nella società e nel mondo del lavoro.

Ci auguriamo che attraverso incontri e dibattiti pubblici questa gente che continua a richiedere di fatto lo smantellamento dell'istruzione universitaria pubblica alla fine si persuada, o possa esserne comunque definitivamente azzerata la credibilità delle argomentazioni (del tutto apodittiche e infondate). Purtroppo, queste vengono continuamente riproposte grazie all'accesso che i promotori hanno ai grandi mezzi di comunicazione, col che di fatto realizzando una martellante campagna pubblicitaria, che dello spot ha pure l'inconsistenza.

martedì 17 gennaio 2012

Mamma ho perso il FIRB


Mamma ho perso il FIRB

Il drammatico seguito de "La Ricerca dei Burocrati" e di "3 Prof in barca"

La ricercatrice si mordeva nervosamente le mani mentre attendeva di andare a colloquio con la commissione di valutazione del suo progetto FIRB. Era precaria oramai da molti anni: un anno di attesa prima del Dottorato di ricerca, poi il Dottorato, quindi un CoCoCo, infine, due assegni di ricerca biennali.

Poi il suo Prof aveva avuto l'idea risolutiva: per ottenere un posto di ricercatore a tempo indeterminato devi partecipare al FIRB. E così Elena aveva contattato altri gruppi di ricerca, aveva predisposto un bel progetto innovativo, aveva scartabellato tra decreti, norme per la compilazione, pagine web per la compilazione on line, curriculum vitae, piani finanziari. Era anche moderatamente soddisfatta, nella prospettiva di poter finalmente coniugare l'attività di ricerca con una prospettiva di vita sufficientemente stabile.

Anche se aveva atteso più di un anno il risultato della valutazione, lavorando quasi gratis, aveva accolto con entusiasmo la notizia che il suo progetto aver ottenuto il punteggio massimo. Restava solo una formalità: questo colloquio con la commissione di valutazione. "Sarà stata una formalità" - le dicevano, "hai ottenuto il punteggio massimo!"

Si una formalità, eppure era inquieta. Ricordava di quello che il suo Prof le aveva raccontato della prova didattica dei concorsi per associato: non importa quel che dici o quel che fai tanto hanno già deciso.

La ricercatrice aveva pianto molto. Ora non piangeva più. Anche per dignità: stava chiamando casa.
"Mamma ho perso il FIRB".
"Povera cara".
"Mamma ora che faccio. Non ho più nemmeno uno straccio di borsa di studio, non riesco più a pagare il fitto. Sono incerta: torno a casa o vado a lavorare a Berlino. Mi hanno offerto un posto in un centro di ricerca privato".
"Povera cara, scegli tu. Però, sai, qui le cose con tuo padre non vanno tanto bene. Ormai ci dividiamo lo stesso tetto. I giorni pari, gli lascio la casa e lui viene con un'amica polacca - che squallore, una cameriera. I giorni dispari, quando lui non c'è, mi vedo con il mio chirurgo estetico, un vero signore".

La ricercatrice aveva pianto molto con il suo Prof e senza dignità. Lui l'aveva capita, l'aveva confortata. "Non preoccuparti, sai" - le aveva detto, "è uscito il nuovo FIRB. In fondo, devi aspettare solo un altro anno".

Armando Carravetta
Università degli Studi di Napoli Federico II
Delegato Nazionale CoNPAss
Coordinamento Nazionale dei Professori Associati

http://www.professoriassociati.it/

3 Prof in barca (per non parlare del Post Doc)


3 Prof in barca (per non parlare del Post Doc)

L'esilarante seguito de "La Ricerca dei Burocrati"

Eravamo in quattro: Lorenzo, Enrico, Gianluca ed io. Seduti nella mia stanza, si fumavano sigarette elettroniche e si parlava di come stessimo male - male, intendo, rispetto al lavoro.

Ci sentivamo tutti sfiaccati e ne eravamo rassegnati. Gianluca diceva che a volte si sentiva assalito da strani eccessi di vertigine -quelli consueti per i Professori Ordinari pensavo io- e che sapeva a mala pena ormai che lavoro facesse; Enrico diceva che magari li avesse anche lui gli eccessi di vertigine, ma che si sentiva demotivato, come consueto per un Ricercatore Confermato; Gianluca non diceva niente da buon post doc in attesa di un posto di Ricercatore a Tempo Indeterminato. Io poi avevo il fegato ammalato. Sapevo di avere il fegato ammalato e di essere senza speranza, perché ero un Professore Associato ed avevo appunto letto che il ministero riteneva inutili per la mia valutazione le pillole da me brevettate per la cura del fegato malato.

Il mio lettore potrà riconoscere in questo brano l?inizio di un famoso romanzo oppure una versione romanzata della sua vita universitaria, fatta di storie di uomini in massima parte validi e demotivati, passati per centomila riforme, quasi occorresse sperimentare proprio in centri di ricerca accreditati tutte le possibili terapie del male della pubblica amministrazione.

E' proprio così, i docenti universitari sono demotivati proprio come possono esserlo le cavie di laboratorio. In più non riescono a infondere nell'opinione pubblica neanche un briciolo di tenerezza e quindi non c'è nemmeno la speranza di un movimento di opinione per la difesa della specie. D'altra parte come può l'uomo della strada provare tenerezza per un vecchio topo di biblioteca.

Nessuna delle cure sperimentate è riuscita a curare il nostro male, il male dell'università, per cui propongo la cura di Jerome K. Jerome: per godere un po' di riposo e cambiar aria non c'è nulla di meglio di un viaggio di mare. Tre Prof in barca più un Post Doc: ovverossia considerare finalmente che i docenti sono tutti uomini sulla stessa barca, senza aprioristiche distinzione di ruoli e di fascia, ma con diritti/doveri individuati dalla capacità e dall'impegno personali, accomunati dall'impegno di creare nuove generazioni di ricercatori ben preparati.

Si tratta di prendere il meglio delle riforme sin qui intervenute nell'assetto della docenza, di prendere atto che allo stato attuale per effetto della cronica mancanza di concorsi non esiste più una rispondenza tra merito e ruolo docente ricoperto, di affidarsi con convinzione alla valutazione. La ricetta è semplice posizioni di ricercatore a tempo determinato con tenure track a partire dal terzo anno (Legge Moratti), ruolo unico con mobilità tra fasce di merito in conseguenza dei risultati ottenuti (CoNPAss), valutazione complessiva delle attività di insegnamento-ricerca e gestione (Legge Gelmini).

L'imperativo: trasformare una classe docente di professori e ricercatori demotivati in un gruppo di docenti culturalmente validi in grado di contribuire alla rinascita dell'Italia.

Armando Carravetta
Università degli Studi di Napoli Federico II
Delegato Nazionale CoNPAss
Coordinamento Nazionale dei Professori Associati

http://www.professoriassociati.it/


venerdì 13 gennaio 2012

Il gemello maligno del Ministro Profumo


COMUNICATO STAMPA del Coordinamento dei Ricercatori del Politecnico di Torino


Il gemello maligno del Ministro profumo

Ci ricordiamo bene, anche perché si tratta solo di qualche mese fa, quando il nostro ex-rettore Francesco Profumo ci raccontava che stavano per arrivare i fondi appositamente stanziati per non annullare le prospettive di carriera dei ricercatori, del resto previsti esplicitamente dalla legge. Ora i fondi 2011-2012 sono arrivati. Si tratta di quasi 2,5 milioni di euro per il nostro Ateneo, sufficienti alla progressione di oltre 70 ricercatori del Politecnico al ruolo di Professore Associato.

Certo i ricercatori del Politecnico sono quasi 350 e le chiamate possibili non sarebbero comunque in grado, se non in minima parte, di alleviare il problema della messa a esaurimento di una categoria che, ricordiamolo, in modo totalmente volontario si assume la titolarità di gran parte dei corsi offerti dal Politecnico, sostenendone in modo sostanziale l’offerta formativa. Poteva essere un primo segnale di attenzione, anche se non abbiamo dubbi che l’unica vera soluzione rimanga l’istituzione del ruolo unico della docenza universitaria, che consentirebbe di riconoscere in maniera adeguata il ruolo docente dei ricercatori e di costituire l’unico serio futuro per i tanti precari che già ora stanno facendo funzionare l’università.

Purtroppo però sul più bello il nostro ex-rettore è scomparso e al ministero è arrivato il suo gemello maligno che invece si sta adoperando in modo totalmente opposto. Dal ministero sono arrivate indicazioni agli Atenei per bandire subito i concorsi, in tutta fretta, prima che siano portate a termine le procedure per l’abilitazione nazionale, abilitazione necessaria per legge per poter partecipare al suddetto concorso. Con questo trucco, al limite della legalità ma ben al di là del limite della decenza, si impedirebbe a tutti gli attuali ricercatori di partecipare ai concorsi, indipendentemente da ogni valutazione di merito.

Dopo tutta questa crudeltà solo un’ultima speranza rimane a noi ricercatori oramai sulla via dell’estinzione per gelminiana incompetenza: che il gemello sia smascherato e che il vero Francesco Profumo possa finalmente diventare Ministro e mantenere le promesse fatte.

Coordinamento dei Ricercatori del Politecnico di Torino

http://www.ricercatoripoli.altervista.org/
e-mail: coordinamento_ricercatori@polito.it

mercoledì 11 gennaio 2012

PRIN: l'area umanistica esprime criticità


Società Italiana degli Storici Medievisti
Società Italiana per la Storia dell'Età Moderna
Società italiana per lo Studio della Storia contemporanea
Società italiana delle Storiche
Associazione Italiana di Psicologia
Società Italiana di Pedagogia
Consulta di Studi latini


Le società e le associazioni scientifiche afferenti alle aree delle scienze umane e sociali esprimono disagio e sincera preoccupazione per le regole di presentazione di progetti PRIN fissate dal Bando di cui al D.M. 27 dicembre 2011 n. 1152/ric., in quanto tali regole appaiono penalizzare in modo severo tutte le discipline appartenenti alle aree CUN dalla 10 alla 14.
Va sicuramente dato atto al Ministro di aver riaperto i canali istituzionali di finanziamento alla ricerca nella prospettiva di liberare le energie e di valorizzare i punti di forza del Paese per promuoverne sviluppo e crescita. Vanno tuttavia rilevati numerosi punti di criticità.
Innanzitutto non sfugge come, sotto il profilo finanziario, a fronte della maggior dotazione dei fondi – da euro 105.977.007 del bando 2009 a euro 175.462.100 dell’attuale bando – e stante la trasformazione delle assegnazioni da biennali a triennali, le risorse complessive appaiano sostanzialmente invariate su base annua, ma la loro distribuzione per area risulti fortemente sperequata. Mentre per la maggior parte delle aree (da 1 a 9 e 13-14) si registrano incrementi percentuali reali su base annua anche consistenti (area 7), per le aree 10-12 si rilevano diminuzioni nette di entità fino al 25 % per l’area 10. Ciò appare tanto meno comprensibile se si considera che le sole 3 aree 10-12 raggruppano il 26 % dei docenti/ricercatori italiani.
E senz’altro condivisibile l’idea di ottimizzare i finanziamenti con una distribuzione mirata a favore di progetti di ampie dimensioni.
Tuttavia l’entità finanziaria minima e massima prevista per i singoli progetti di ricerca lascia fortemente perplessi. I progetti delle aree delle scienze umane e sociali devono presentare costi non inferiori a euro 600.000 e fino a 1.600.000 euro. Ciò significa che sarà indispensabile dare vita a raggruppamenti tra università indipendentemente dall’esistenza di linee di ricerca originali realmente condivise, privilegiando il numero rispetto alla composizione delle singole unità e sottoponendo a forte pressione negativa la ricerca di innovatività rispetto al conseguimento delle dimensioni richieste. Si tratta di un inconveniente particolarmente grave nelle aree socio-umanistiche, date le modalità, metodi, procedure e anche costi di ricerca che le caratterizzano, ma sicuramente rilevabile anche in aree scientifiche tecnologico-sperimentali. Ne segue un elevato rischio di formazione di aggregazioni di progetto del tutto artificiose, dove il perseguimento dei requisiti dimensionali farà premio sulla ricerca di autentica qualità.
Anche l’auspicata e certamente positiva partecipazione di istituzioni straniere non può non apparire di difficile realizzazione date le scadenze di presentazione (29 febbraio e 7 marzo) fissate da un bando pubblicato peraltro solo il 28 dicembre, ossia in piene festività natalizie, e di fatto circolato solo a partire dalla seconda settimana di gennaio 2012.
Sotto il profilo procedurale, inoltre, la valutazione dei progetti è prevista attraverso un doppio livello, in prima istanza presso le università di appartenenza del coordinatore scientifico nazionale, in seconda istanza presso il Ministero sulla base dei progetti selezionati in numero limitato da ogni singola università. Le modalità di preselezione affidate a revisori anonimi scelti dalle stesse università stabiliscono limiti numerici dei progetti e punteggi di valutazione non privi di criticità:

a) ciascuna università “ può preselezionare, a livello di coordinatore scientifico, un numero di progetti non superiore allo 0,75% del numero di docenti e ricercatori presenti nei propri ruoli al momento della scadenza del bando “. L’esempio addotto nelle istruzioni che accompagnano il bando chiarisce che una ipotetica università di 1234 docenti e ricercatori potrà inviare alla fase ministeriale di valutazione non più di 10 progetti. Ciò comporta evidentemente una forte penalizzazione a danno delle università di media e piccola dimensione e delle università generaliste, ossia i cui docenti/ricercatori coprono tutte le 14 aree. Visto poi il comma 4 dell’art. 5 del decreto, secondo il quale “ ogni università deve assicurare il rispetto della proporzionalità percentuale per area disciplinare rispetto ai progetti chiusi alla scadenza”, è verosimile che anche le grandi università risultino penalizzate da un meccanismo che rende più probabile la selezione di progetti espressi da aree particolarmente numerose piuttosto che da aree di dimensioni più ridotte, ma possibilmente di elevata qualità, senza che i correttivi previsti possano significativamente contenere tale rischio;

b) In alcune delle 14 aree scientifiche, inoltre, convivono, com’è ben noto, discipline assai diverse tra loro. All’area 11, per esempio, fanno riferimento i settori di storia, filosofia, psicologia, pedagogia, geografia, demoetnoantropologia, scienze motorie e all’area 10 i settori di italianistica, antichistica, archeologia, lingue moderne occidentali e orientali, storia dell’arte. E’ evidente che, nella migliore delle ipotesi, solo uno di questi potrà vedere selezionato un proprio progetto, laddove i rimanenti non avranno alcuna opportunità di accedere alla successiva fase di valutazione.

c) Appare, più in generale, che la preselezione a livello di ateneo, così come configurata dal bando, con la previsione di limiti quantitativi ancorati a una percentuale del numero dei docenti/ricercatori, può non di rado tradursi – come già nel caso di cui al precedente punto – nell’inevitabile accantonamento di criteri di qualità, di merito e di opportunità di accesso alla valutazione in nome dell’osservanza di limiti quantitativi. La numerosità dei progetti, in altre parole, va considerata un asset, non un inconveniente a cui porre rimedio; ed è auspicabile che numerosi progetti abbiano la chance di sottoporsi a una valutazione esperta, indipendente e trasparente tesa ad accertarne la qualità.

Quanto alla valutazione di secondo livello, essa sarà affidata a 14 Comitati di Selezione, uno per ogni area CUN, formati da tre esperti designati dal Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca. Sia in questa fase sia in quella della preselezione si richiede che ben 25 punti su 100 siano assegnati a progetti strettamente relazionati agli obiettivi dell’VIII programma europeo ‘Horizon 2014-2020’. Il proposito di allineare gli obiettivi nazionali a quelli europei è sicuramente condivisibile. Si dà però il caso che le priorità tematiche rientranti negli obiettivi strategici di Horizon 2020 (Leadership in enabling and industrial technologies (Information and communication technologies, Nanotechnologies, Advanced materials, Biotechnology, Advanced manufacturing and processing, Space; Access to risk finance; Innovation in SMEs; Health, demographic change and wellbeing; Food security, sustainable agriculture, marine and maritime research and the bio-economy; Secure, clean and efficient energy; Smart, green and integrated transport; Climate action, resource efficiency and raw materials; Inclusive, innovative and secure societies) ritaglino spazi limitatissimi per un ampio numero di settori della ricerca, soprattutto socio-umanistica. Ne consegue con ragionevole certezza che i progetti i cui obiettivi non collimino con quelli sopra indicati non avranno alcuna possibilità di essere selezionati nemmeno a parità di punteggi di merito, considerata la regola in base alla quale, in caso di ex-aequo “ è data priorità ai progetti che hanno ottenuto il punteggio più elevato nel criterio di cui all’articolo 5, comma 7, lettera c “, ovvero a quelli rientranti negli obiettivi del programma ‘Horizon’.

Per tutte queste ragioni, le sottoscritte società ed associazioni afferenti al le aree 10-14 evidenziano come il bando PRIN 2011, con le previste modalità di preselezione e valutazione di progetti, limiti sensibilmente i principi di pari opportunità e di valutazione per merito; e invitano il governo, le forze politiche e l’opinione pubblica a riconsiderare i contenuti di un bando la cui applicazione non può che causare un pesante sacrificio ai danni di importanti settori della ricerca scientifica del nostro Paese. Sollecitano altresì il governo ad adottare procedure di finanziamento della ricerca che, fatti salvi i principi della valutazione di qualità dei progetti e dell’ottimizzazione delle risorse, rispettino modalità, metodi e tematiche della ricerca proprie dei diversi settori scientifici, derivino da un confronto con la comunità della ricerca e ne ottengano il consenso, e, infine, prevedano emissioni annuali continuative dei bandi, regole stabili nel tempo e scadenze di calendario compatibili con la predisposizione di seri progetti scientifici nazionali e internazionali.

Società Italiana degli Storici Medievisti, Società Italiana per la Storia dell'Età Moderna, Società italiana per lo Studio della Storia contemporanea, Società italiana delle Storiche, Associazione Italiana di Psicologia, Società Italiana di Pedagogia, Consulta di Studi latini

sabato 7 gennaio 2012

LA RICERCA DEI BUROCRATI

L’unica arma del popolo oppresso è la satira. In questo caso è l’arma del ricercatore oppresso dai burocrati, del docente zimbello dei poteri forti, dell’innovatore invischiato nei bizantinismi.

E così l’Italia va a rotoli, certo per lo spread, per gli evasori, per le macchine blu e per le province, ma anche perché qualunque attività è lottizzata e tra queste la fonte prima della conoscenza e dello sviluppo: l’università.


Il recente bando PRIN, relativo ai fondi ministeriali per progetti di ricerca di interesse nazionale, si presta a forme di comicità di ogni tipo, ma quella che purtroppo prevale è il sarcasmo. Si comincia con un elogio della ricerca europea, asserendo che gli obiettivi scientifici dovranno essere attinenti al programma Horizon 2020, e il ricercatore s’illude che l’illuminato legislatore abbia pensato di allineare l’Italia agli obiettivi europei, salvo scoprire che sarà distribuita, per ogni area disciplinare, una quota di risorse pari alla media storica delle assegnazioni PRIN degli ultimi cinque anni, indipendentemente, quindi, dagli obiettivi scientifici…


Dopodiché il nostro ricercatore, che conosce bene le dinamiche per le quali la maggior parte dei progetti PRIN (75%) è giudicato eccellente, ma solo il 25 % viene finanziato, a dimostrazione dello spreco di capacità progettuale che riusciamo a permetterci, spera che i nuovi meccanismi di regolazione dell’ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), felicemente introdotta dalla legge 240 Gelmini, saranno in grado di individuare chi nel paese dei falsi eccellenti sia per lo meno discreto. Ma perché premiare il merito quando è molto meglio premiare il potere?

Quindi lo zelante funzionario ministeriale individua due regole d’oro che conviene citare per intero come dimostrazione di perfetto burocratese, condito di ingegneristico “profumo”:
1) ciascuna università può preselezionare, a livello di Coordinatore scientifico (del progetto PRIN), un numero di progetti non superiore allo 0,75% del numero di docenti e ricercatori presenti nei propri ruoli al momento della scadenza del bando, con arrotondamento all'intero superiore;
2) nella preselezione dei progetti ogni università deve assicurare il rispetto della proporzionalità percentuale, per area disciplinare, rispetto ai progetti chiusi alla scadenza di cui al precedente articolo 4, comma 2, con uno scostamento massimo, sempre per area disciplinare, del 33% in più (con arrotondamento all'intero superiore) o in meno (con arrotondamento all'intero inferiore).

La morale: inutile selezionare in base al merito, meglio che si scannino tra di loro in Ateneo con una magistrale preselezione in cui vinca il più forte. Ulteriore conferma di quanto ben si sapeva: la 240 Gelmini è concepita e pensata per rafforzare le baronie, altro che combatterle. E questo dato di fatto, di cui questo bando non è che l'ennesima riprova, se poteva forse sfuggire a ministri estranei all'ambiente di ricerca non può certo sfuggire a un ex rettore.

Lo dimostra anche un recente botta e risposta sul Sole 24 Ore tra i direttori della Scuola Normale Superiore e della Scuola Sant'Anna di Pisa e il Ministro. Ai primi, che muovevano pesanti critiche ai bandi PRIN e “Futuro in Ricerca” per l’introduzione di criteri di selezione quantitativi e non qualitativi nella selezione dei progetti, Profumo ha ribadito che quei criteri nascono da una sua intenzione di corresponsabilizzare gli Atenei nella preselezione dei progetti. In definitiva, i burocrati hanno agito su indicazione del loro Ministro, in difesa della casta dei baroni e dei loro favoriti.

Armando Carravetta
Università degli Studi di Napoli Federico II
Delegato Nazionale CoNPAss
Coordinamento Nazionale dei Professori Associati

http://www.professoriassociati.it/




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