mercoledì 23 maggio 2012

Elezioni dei nuovi Rettori nel rispetto del diritto di rappresentanza


Si susseguono a ritmo serrato in diversi Atenei iniziative e azioni anche legali mirate a garantire il rispetto del diritto di rappresentanza e l’avvio del processo di elezioni per il rinnovo del vertice degli atenei nelle sedi i cui Rettori hanno esaurito naturalmente il proprio mandato il 30 settembre o il 31 ottobre 2011 e nelle sedi in cui il mandato del Rettore si avvia a concludersi nel 2012. ll MIUR e il Ministro, in risposta a interrogazioni parlamentari e a interpellanze delle Università, hanno offerto interpretazioni che supporterebbero una proroga (2012-13) della proroga (2011-12) concessa a Rettori non più candidabili né eleggibili, spesso in carica già dal secolo scorso. Le interpretazioni del Ministero hanno inoltre dato adito alla rivendicazione del diritto a un anno di proroga anche da parte dei Rettori di atenei, come quello di Torino, che giungeranno a naturale scadenza del proprio mandato nel 2012.

Siffatte interpretazioni, oltre ad alimentare un clima di confusione e conflittualità che certo non aiuta nella delicata fase di transizione che gli atenei italiani stanno vivendo, costituiranno indubbiamente oggetto di un contenzioso che finirà con il coinvolgere i Tribunali Amministrativi di mezza Italia. Un caso per tutti, che è già oggetto di cronaca è quello dell’ateneo dell’Aquila, laddove, il 20 marzo u.s., il Rettore annuncia il suo ritiro, invitando il giorno dopo il Decano ad indire le elezioni; il 26 marzo il Decano procede in tal senso, ma il 17 aprile il Rettore prorogato ci ripensa. Il Decano non recede e il 30 aprile viene convocato il Senato Accademico per nominare la commissione elettorale, ma il 28 aprile l’Avvocatura dello Stato presenta al TAR un ricorso del Ministero contro le elezioni e il Senato viene sospeso sine die.

Eppure la 240/10 parla chiaro: i Rettori degli atenei che hanno adottato il proprio Statuto entro il 29 ottobre 2011 sono prorogati “per l’anno accademico successivo” all’adozione. E l’adozione è l’approvazione dello Statuto, a cui segue l’invio al Ministero, che dà luogo alla seguente fase delle osservazioni e integrazioni. Per la legge, dunque, dopo l’adozione il Rettore resta in carica per garantire il perfezionamento della procedura: la risposta ai rilievi ministeriali e la pubblicazione dello Statuto sulla Gazzetta Ufficiale. Terminato l’anno accademico, finisce la proroga e si elegge il nuovo Rettore.

Ecco invece la creativa interpretazione: l’adozione che avvia la proroga sarebbe quella “definitiva”, ossia l’approvazione dello Statuto che recepisce i rilievi del Ministero. In tal modo, l’anno di proroga è quello che segue alla pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale. Questa interpretazione presenta due vizi capitali: 1) è in netto contrasto con la lettera della legge, ai sensi della quale “Lo statuto, adottato ai sensi dei commi 5 e 6 del presente articolo, e' trasmesso al Ministero che esercita il controllo (…)”; 2) anche volendola accogliere, dato che la legge si riferisce ad un solo anno di proroga, se il termine a quo per è l’adozione “definitiva”, i Rettori scaduti nel 2011 sarebbero decaduti e gli atti che stanno compiendo (compresa l’approvazione degli Statuti in versione finale), nulli. È dunque necessario, in ogni caso, procedere a nuove elezioni.

“Meline” o resistenze più o meno passive rischiano di paralizzare non solo il funzionamento degli Atenei ma anche la spinta programmatica e fattiva indispensabile a rispondere alle sfide cui l’Università è chiamata. Vi è diffusa consapevolezza di ciò: a Milano il Rettore ha annunciato che non intende avvalersi dell’ipotetica “doppia proroga”. Altrettanto ha fatto il Rettore dell’Università dell’Insubria, dandone formalmente notizia al Ministro. A Reggio Calabria il Rettore sfiduciato dal Senato Accademico si è dimesso; a Torino 14 membri del Senato Accademico hanno sollecitato il rinnovo di tutti gli organi istituzionali dell’Ateneo, compreso il Rettore; a Parma 120 docenti hanno scritto al Decano invitandolo ad a prendere una decisione in merito alle elezioni per il nuovo Rettore; a Verona si è dimesso il Pro-Rettore vicario, denunciando uno “stallo istituzionale” che blocca l’Ateneo. La gravità della situazione economica, sociale, civile e non da ultimo politica in cui versa l’Italia imporrebbe ai Rettori responsabilità e rispetto delle leggi.

La questione, sebbene nello specifico del tema della doppia proroga o della proroga strappata ai tempi supplementari possa non riguardare la maggioranza degli atenei italiani, si colloca in una tematica più ampia: con uno stadio di avanzamento diverso da sede a sede, si stanno infatti riscrivendo le regole che cambieranno gli assetti dell’Università per il prossimo decennio. Corpo docente, personale tecnico amministrativo e studenti sono stati spesso relegati in platea sia ieri nella fase istruttoria sia oggi nella formulazione dei nuovi regolamenti. Il diritto che rivendichiamo è dunque il diritto al rinnovo mediante legittime elezioni delle cariche scadute, ma più in generale è una richiesta di autentica partecipazione del basso, per una piena condivisione dei percorsi di riforma che condizioneranno il destino dei nostri atenei.

Il prolungarsi della proroga porterà i Rettori in scadenza, non più eleggibili (e in molti casi prossimi alla pensione, o addirittura , come nel caso di Roma Tre, già pensionati), a guidare scelte destinate a condizionare il futuro degli Atenei per i prossimi anni. Una vera partecipazione al processo di riorganizzazione in corso non può realizzarsi se si rinvia ulteriormente l’instaurarsi di una situazione di normale funzionamento delle istituzioni universitarie.

Per la Democrazia nell’Università, così potremmo sintetizzare le istanze di tutti coloro che dagli atenei dell’Aquila, Messina, Parma, Perugia, Roma Tre, Torino, Verona, Viterbo, si daranno di qui a breve appuntamento a Roma per discutere con rappresentanze della cittadinanza, della politica e – sperando non vogliano sottrarsi al confronto – con rappresentanze della CRUI e del MIUR, di proroga dei mandati e più in generale dei margini che la 240/10 riserva alla partecipazione democratica negli atenei.

Ci auguriamo che questo documento possa stimolare interventi ed esprimiamo l’auspicio che colleghi di altri atenei condividendo l’esigenza di un chiaro e pacato scambio di idee in proposito vogliano associarsi alla mailing list che si occupa delle questioni qui brevemente introdotte, contattando per posta elettronica uno dei sottoscrittori del presente documento.

Per aderire al documento:
Antonella Arena
Università degli Studi di Messina

Adesioni pervenute ad oggi (23.5.2012): Francesca Petrocchi (Tuscia) Mauro Volpi (Perugia) Raffaele Caterina (Torino) Loris Borghi (Parma) Antonio Saitta (Messina) Mario Gattuso (Messina) Guido Signorino (Messina) Luigi Giuseppe Angio’ (Messina) Antonella Arena ( Messina) Graziella Scandurra (Messina) Carmine Ciofi (Messina) Giovanni Galli (Messina) Giovanni Tuccari (Messina) Maria Gioffrè Florio (Messina) Mario Manganaro (Messina) Mariangiola Dezani (Torino) Marco Cosentino (Direttivo CoNPAss Insubria) Emma Buondonno (Napoli – Federico II) Antonio Puliafito (Messina) Lucia Risicato (Messina) Andrea Capotorti (Perugia) Alessandro Arienzo (Napoli – Federico II) Mauro Moresi (Tuscia) Giorgio Pastore (Direttivo CoNPAss Trieste) Giovanni Cupaiuolo (Messina) Paolo Biondi (Tuscia) Andrea Beduschi (Verona) Sergio Brasini (Bologna) Corrado Giacomini (Parma) Simona Ronchi Della Rocca (Torino) Giovanni Semeraro (Bari) Salvatore Camaioni (Messina) Francesco Di Quarto (Palermo) Arianna Sacerdoti (Napoli – II Università) Pietro Grilli di Cortona (Roma Tre) Paolo D’Achille (Roma Tre) Dino Costa (Messina) Carlo Quintelli (Parma) Vincenzo Cicero (Messina) Vittorangelo Orati (New Brunswick University) Ugo M. Olivieri (Napoli Federico II) Salvatore Spagna Musso (Napoli Federico II) Jodi Sandford (Perugia) Paolo Braconi (Perugia) Stefano Anastasia (Perugia) Maria Letizia Ruello (Università Politecnica delle Marche) Roberto De Romanis (Perugia) Enza Caruso (Perugia) Marina Marini (Bologna) Roberto Dattola (Messina) Domizia Donnini (Perugia) Alice Baradello (Messina) Vincenza Sofo (Messina) Beniamino Ginatempo (Messina) Alessandro Ferretti (Torino) Renata Savy (Direttivo CoNPAss Salerno) Rosa Meo (Torino) Benedetto Ponti (Perugia) Fausto Proietti (Perugia) Enrico Maltese (Torino) Pietro Gibellini (Venezia) Vincenzo Violi (Parma) Giuliana Fatabbi (Perugia) Salvatore Tucci (Roma Tor Vergata) Roberto Fedi (Perugia) Silvano Romano (Pavia) Francesco Musotti (Perugia) Velia Minicozzi (Roma Tor Vergata) Fabio Armao (Torino) Silvia Orlanducci (Roma Tor Vergata) Francesca Montesperelli (Perugia) Simona Carlotta Sagnotti (Perugia) Paolo Liverani (Firenze) Enrico Pasini (Torino) Giancarlo Palombini (Perugia) Tamar Pitch (Perugia) Valentina Onnis (Cagliari) Gaetano Fiore (Napoli) Vittorio Mete (Catanzaro) Anna Maria Biraschi (Perugia) Fabrizio Pompei (Perugia) Carlo Donà (Messina) Maria Rosaria Marella (Perugia) Letizia Vezzosi (Perugia) Vincenzo Venditto (Salerno) Amina Maneggia (Perugia) Flavia Guzzo (Verona) Petronia Carillo (Direttivo CoNPAss Napoli – II Università) Paolo Galeotti (Pavia) Giovanni Azzena (Direttivo CoNPAss Sassari) Adriana Brancaccio (Direttivo CoNPAss Napoli –II Università) Calogero Massimo Cammalleri (Direttivo CoNPAss Palermo) Rossella Capozzi (Direttivo CoNPAss Bologna) Armando Carravetta (Direttivo CoNPAss Napoli Federico II) Brunello Mantelli (Direttivo CoNPAss Torino) Maurizio Matteuzzi (Direttivo CoNPAss Bologna) Valeria Militello (Direttivo CoNPAss Palermo) Enrico Napoli (Direttivo CoNPAss Palermo) Delia Picone (Direttivo CoNPAss Napoli Federico II) Paolo Giuseppe (Direttivo CoNPAss Milano) Carlo Piseri (Direttivo CoNPAss Milano) Michele Gianfelice (Università della Calabria) Alberto Di Cintio (Firenze) Fernando Puzzo (Università della Calabria) Ferruccio Barsi (Perugia) Fabio Sulpizio (Università del Salento) Gianfranco Gilardi (Torino) Rita Paola Guerzoni (Perugia) Raffaella Branciari (Perugia) Gianfranco Bocchinfuso (Roma Tor Vergata) Alessandra Pioggia (Perugia) Piero Graglia (Milano) Sabina Visconti (Roma Tor Vergata) Laura Stancampiano (Bologna) Piervincenzo Bondonio (Torino) Sergio Tiberti (L'Aquila) David Ranucci (Perugia) Giovanni Pizza (Perugia) Anna Baldinetti (Perugia) Flavia Denicola (Università del Sannio) Stefano Acierno (Università del Sannio) Regina Lupi (Perugia) Ana Lourdes de Hériz (Genova) Danilo Bazzanella (Politecnico Torino) Maurizio Tirassa (Torino) Bruno Catalanotti (Napoli Federico II) Alessandra Filabozzi (Roma Tor Vergata) Roberta Calvano (Roma Sapienza) Paola Rivetti (Dublin City University) Federica Cavallo (Torino) Daniele Gallo (Napoli – II Università) Susanna Schmidt (Torino) Alessandra De Rossi (Torino) Tiziana Nazio (Torino) Lorenzo Tei (Università del Piemonte Orientale) Matteo Viale (Torino)

lunedì 14 maggio 2012

UniBeC - La filosofia del dialogo: avere vent'anni significa prendere botte, oggi


Il 10 maggio, al Lingotto di Torino, è successo ciò che spesso viene relegato in qualche articoletto di quinta pagina: un gruppo di studenti che volevano partecipare al convegno "avere vent'anni oggi", con la presenza anche del ministro Profumo, regolarmente accreditati e alla ricerca di "confronto" e "dialogo", sono stati caricati e dispersi senza alcun motivo dalle forze dell'ordine.

Capita spesso di leggere, nelle dichiarazioni dei nostri governanti, tecnici o politici che siano (la contrapposizione è evidentemente fittizia, ma paghiamo pure il tributo alla moda del momento) una ferma testimonianza della disponibilità al "dialogo". La parola ha un'etimologia evidente: dià légo, “parlo fra" o anche "parlo contro". Ne deriva la bella parola "dialettica", sale della democrazia: significa ammettere che vi possa essere divergenza di opinione, su temi che interessano quelle persone che intendono "parlare fra [loro]" o anche "parlare contro [le posizioni che non accettano]". Attenzione: qui si parla di dialogo tra intellettualmente onesti, è quel “parlar contro” che non va confuso con la satira, la diffamazione o, estremizzando, la calunnia.

Ma osservando ciò che è avvenuto a Torino, con ragazzi caricati dalla polizia solo perché esistenti in quel luogo, in quel momento, con quelle credenziali di vita e di passione politica, viene da chiedersi se il dialogo è ancora ammesso in questo Paese. O siamo tutti obbligati al cicaleccio del “parlare assieme”, del colloquio postulante, infantile, con esclusione del dialogo confrontante, maturo?

I fatti del 10 maggio a Torino rivelano una volta di più l'abissale distanza tra la dichiarazione di facciata e la effettiva disponibilità come progetto dell'agire. Gli studenti e i loro rappresentanti si iscrivono regolarmente ad un pubblico evento, dichiaratamente aperto alla partecipazione. Essendo però essi su posizioni “dialogiche”, le forze dell'ordine ne inibiscono l'accesso, il dialogo è negato, la manifestazione stessa della propria opinione, una delle così dette facoltà inalienabili, tale dichiarata, prima che da ogni costituzione positiva, fin dal più liberale dei liberali, John Locke, viene alienata. Transenne, cordone della polizia in assetto antisommossa, qualche botta. Evviva il dialogo.

Viene in mente la tesi bene espressa da Bevilacqua in “Elogio del radicalismo”: i peggiori estremisti sono oggi i così detti moderati; quelli che, in virtù di una forma priva di sostanza, si ergono a paladini di ogni ingiustizia dello status quo, garantendone la perpetuazione.

Oggi, in nome della “legalità”, dopo avere rubato il futuro a due generazioni, con una stampa e una televisione, salvo rare eccezioni, di regime, ci si avvia a negare anche il dialogo, e senza dubbio il dissenso. Nelle seconde votazioni che organizzò nel ventennio, nel 1929, Mussolini ebbe il 98,3% di consenso. Gli "elettori" potevano solo dire SI o NO a una lista di persone indicate dal Gran Consiglio del fascismo. E' questa l'idea che oggi si ha del "dialogo" e del "confronto"? Se dici SI va bene ma se dici NO ti meno? Se dobbiamo finire in quel 1,7%, in nome della finanza, del mercato, della BCE, della Merkel e di un'idea di futuro appaltata alla speculazione, per favore ditecelo subito, così ci mettiamo il cuore in pace.

Come docenti e lavoratori della conoscenza, siamo tuttavia costretti dalla nostra etica, oltre che dalla nostra razionalità a dire che queste prassi di alterigia, di rifiuto del dialogo, di ricorso a una violenza sottile perché praticata entro i limiti di una presunta legittimità, ideata e normata da una classe dirigente corrotta, poco intelligente e poco colta, è fenomeno ricorrente e sistematicamente perdente nella storia dell'umanità. Noi siamo qui a testimoniare la nostra solidarietà con i nostri studenti, ai quali ora si limita in tutti i modi l'accesso agli studi, ai servizi, al lavoro, al futuro, persino al dissenso. Noi non ci sentiamo dalla parte dei nostri politici, ma da quella dei nostri ragazzi, che vogliono dia-logare, almeno, e magari non prendersi, per questo, delle botte. 

http://unibec.temilavoro.it/

mercoledì 2 maggio 2012

Un rettore è per sempre? Lettera aperta alla senatrice Maria Pia Garavaglia

*From:* prof. volpi 
*Sent:* Wednesday, May 02, 2012 12:09 PM
*Subject:* proroga Rettori


Gentile Senatrice Garavaglia,

ho letto con sconcerto la sua dichiarazione, riportata sul Corriere di Verona del 29/04/2012, favorevole alla proroga di alcuni GerontoRettori, contrastante con le prese di posizione, manifestate anche con interrogazioni parlamentari, presentate da alcuni parlamentari, vari dei quali del suo stesso partito. Lo sconcerto è tanto maggiore quanto più ho avuto modo di apprezzare la sua preparazione e serietà quando da componente laico del CSM (dal 2006 al 2010) avemmo un incontro nel quale Lei rappresentava il Comune di Roma. Attualmente sono professore di Diritto costituzionale nell'Università di Perugia.

Nel mio Ateneo, così come in un'altra quindicina di Atenei, il Rettore in carica dopo tre mandati di 11 anni (come ben sa, la legge Gelmini prevede un unico mandato di 6 anni!) è stato prorogato per l'a.a. 2011/2012 in virtù dell'art. 2 c. 9 della legge 240/2010 che prevede la proroga fino alla fine dell'a.a. successivo dei Rettori in carica al momento dell'adozione dello Statuto che doveva avvenire entro 6 al massimo 9 mesi dall'entrata in vigore della legge (quindi entro fine ottobre 2011). Ebbene con semplice nota firmata dal Direttore generale del MIUR si pretende nel 2012 di dare un'interpretazione contrastante con la chiara dizione della legge nel senso che l'adozione dello Statuto sarebbe quella conseguente al controllo ministeriale, il che consentirebbe ad un pugno di Rettori con 3 o 4 mandati alle spalle e già prorogati di un anno (tra i quali il Presidente della CRUI, Rettore che ha svolto 4 mandati ed ha avuto la proroga di un anno!) di usufruire di un altro anno di proroga. Ma tale fantasiosa interpretazione, qualora fosse accolta, avrebbe l'effetto di rendere nulla la proroga avvenuta per l'a.a 2011/2012, visto che entro ottobre gli Statuti degli Atenei interessati erano soggetti al controllo ministeriale e ancora non in vigore. Di conseguenza quei Rettori sarebbero decaduti e gli atti da essi compiuti sarebbero radicalmente nulli.

Ma vengo al merito della sua dichiarazione, secondo la quale "questa nuova proroga aiuta gli atenei consentendo al futuro governo dell'università la possibilità di subentrare senza il carico istituzionale di attuare la riforma". Intanto la nuova proroga, oltre che illegittima, agirebbe in senso contrario al rinnovamento di Atenei che hanno conosciuto il dominio per tre o quattro mandati consecutivi di Rettori onnivori (alcuni dei quali destinatari di avvisi di garanzia). Con quale coraggio critichiamo le manovre autocratiche per essere confermati al vertice dello Stato di personalità come Chavez o Putin, che almeno si sottopongono al voto popolare, se tolleriamo non solo i plurimandati di alcuni Rettori ma anche la proroga su proroga del loro incarico? Ma soprattutto chi deve attuare la riforma se non i nuovi organi accademici e tra questi un Rettore eletto per un unico mandato di sei anni? L'effetto dell'ulteriore proroga sarebbe quello di consentire ai Rettori uscenti di incidere sulla composizione degli organi accademici, e in particolare del Consiglio di Amministrazione, e quindi di condizionare pesantemente anche i nuovi futuri Rettori. Alla faccia del rinnovamento tanto sbandierato!

Infine il tentativo illegale in atto sta già provocando proteste e inevitabili ricorsi ai giudici amministrativi che renderanno tutt'altro che sereno e tranquillo il passaggio alla nuova governance degli Atenei. La verità è che si vuole fare un favore ad alcuni Rettori in carica (a tal proposito trovo assolutamente apprezzabile la dichiarazione del Rettore della Statale di Milano Decleva di non usufruire di una nuova eventuale proroga). Se il ministro Profumo vuole un nuovo anno di proroga abbia il coraggio e la dignità di presentare al Consiglio dei ministri un decreto-legge e la maggioranza parlamentare si assuma la responsabilità di convertirlo in legge. Da giurista solo in tal caso mi inchinerei, ferme restando l'indignazione e considerazioni poco commendevoli su una politica miope, opaca e succube a posizioni di potere che non può che produrre rigetto anche in chi come il sottoscritto è stato sempre impegnato e si è sempre riconosciuto nell'area del centro-sinistra.

Nell'auspicio che possa seriamente riconsiderare la sua posizione, le invio cordiali saluti.

Mauro Volpi

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