giovedì 23 dicembre 2010

DIFENDIAMO L'UNIVERSITÀ DALLA RIFORMA PER FINTA!

Il Governo dice che l'Università Italiana non è competitiva nel mondo, perciò propone una riforma e taglia i finanziamenti

Noi sappiamo che gli universitari italiani
"producono" molto più di francesi, tedeschi, americani ,
e che l'Italia è il settimo paese (a pari merito con la Francia)
per numero di università collocate tra le prime 500 del mondo
Noi sappiamo che i giovani ricercatori formati nelle università italiane
trovano spazio in quelle di tutto il mondo
ma non in Italia, perchè i soldi investiti in ricerca sono troppo pochi

Il Governo dice che la Riforma Gelmini ridurrà il potere dei Baroni
Noi constatiamo che essa consegnerà l'Università
a pochi Professori Ordinari "Baroni"

Il Governo dice che questa legge premia il diritto allo studio
Noi vediamo che il governo taglia drasticamente i finanziamenti
per le borse di studio e svincola quel che resta
dal bisogno economico degli studenti

Il Governo dice di aver sentito tutti.
Noi ci chiediamo quando mai abbia ascoltato e discusso proposte alternative

La maggioranza ha detto che occorreva approvare la legge subito,
senza ulteriori discussioni "per ragioni di Ordine Pubblico"
Noi pensiamo che la Politica dovrebbe saper ascoltare e ponderare le decisioni

NOI, PROFESSORI E RICERCATORI ITALIANI
ogni giorno lavoriamo, studiamo, facciamo ricerca, insegniamo, ci confrontiamo
con pari preparazione, ma minori risorse,
con i Colleghi della comunità internazionale

Noi che abbiamo dato vita ad esperienze libere, aperte, democratiche e plurali,
come CoNPAss - Coordinamento Nazionale dei Professori Associati
e Rete29Aprile, per contribuire alla riforma e al rilancio dell'università

Noi che vogliamo un futuro per i nostri studenti e che nell'università
le baronie le combattiamo,
che manifestiamo e continueremo a manifestare pacificamente,
che difendiamo l'università con gli strumenti della democrazia
opponendoci all'ipocrisia di una finta riforma imposta per fare finta
di risolvere i problemi

**********************************
(1) Rapporto tra articoli prodotti e numero di ricercatori. SCImago Journal & Country OECD Science, Tech. and Ind. Outlook, 2006
(2) Academic Ranking of World Universities (ARWU) , 2010, http://www.arwu.org/ARWU2010.jsp.
(3) Effetto combinato del blocco delle assunzioni e dei pensionamenti, che ridurranno pesantemente il numero di Ordinari; dell'esclusione di Ricercatori e Professori Associati dalle Commissioni di Concorso; della precarizzazione dei Ricercatori, del rafforzamento dei poteri del Rettore.

**********************************

Inserzione pubblicata sul Corriere della Sera del 24 dicembre 2010
promossa dal Coordinamento Nazionale dei Professori Associati - CoNPAss

mercoledì 22 dicembre 2010

Contro il nepotismo dei Rettori, potere assoluto ai Rettori e ai Baroni

Dall'ANDU - Associazione Nazionale Docenti Universitari

Con l’obiettivo di avvalorare i non esistenti contenuti antibaronali del DDL, si è oggi denunciata la parentopoli di due Rettori romani (Corriere della Sera, Messaggero).

Il fatto è che la parentopoli è solo la manifestazione parziale di un fenomeno ben più vasto che è quello del nepotismo, cioè la scelta di fatto diretta da parte del ‘maestro’ di chi reclutare e di chi promuovere nella carriera.

Ma è più facile fare denigrazione e propaganda contro l’Università e approvare norme, incostituzionali e inefficaci, contro parentopoli, piuttosto che rompere il ‘giocattolo’ della cooptazione personale, massimo male dell’accademia italiana.


Per smantellare questo che è il principale strumento del potere baronale occorrerebbe eliminare la possibilità di arbitrio del singolo ‘maestro-barone’, affidando la scelta dei nuovi docenti e la decisione sulle promozioni a commissioni nazionali composte esclusivamente da sorteggiati.


E invece il DDL, con il consenso di tutti i Gruppi parlamentari, accentua il localismo nel reclutamento e nella promozione dei docenti e quindi accresce il nepotismo e quindi parentopoli.


E’ invece più facile e più ‘utile’ attaccare i due Rettori per il reclutamento di loro parenti, piuttosto che impedire il reclutamento anche di amici, figli di amici, fidanzate/i, allievi prediletti, appartenenti ad associazioni e gruppi vari.


Il ‘bello’ è che, per punire la parentopoli dei Rettori, con il DDL si danno ai Rettori poteri immensi anche sul reclutamento e sulle promozioni!

martedì 21 dicembre 2010

SOS per l'Università italiana


Caro Collega,


come sai, la legge Gelmini sull'Università sta per essere approvata in via definitiva dal Senato della Repubblica. A seguito di questa Legge:

* si ridurrà significativamente l'autonomia degli Atenei dal potere politico;

* si porrà un enorme potere deliberativo nelle mani dei Rettori e degli Ordinari più anziani e potenti, con conseguente riduzione della decisione condivisa, aggravando le tendenze gerontocratiche della nostra accademia

* si aprirà pericolosamente -e senza criteri adeguati di controllo- la gestione delle università agli interessi economici, esterni alle istituzioni della conoscenza;

* verrà abolita la figura del Ricercatore a tempo indeterminato, lasciando congelate e prive di prospettiva le sorti di molte migliaia di studiosi indipendentemente dal merito e dai risultati ottenuti;

* non verranno allocate agli Atenei le risorse minime necessarie per la loro sopravvivenza, ma si introdurranno procedure aggiuntive che, richiedendo un intervento finanziario eccezionale, sottrarranno altre risorse alla funzione scientifica e didattica.

Tutto questo mentre si procede ad una valorizzazione delle università telematiche private, la cui attività ha fornito pessimi risultati.

Ti chiediamo pertanto di aderire a questo appello:

"L'alta formazione e la scienza costituiscono un bene primario di ogni nazione civile. Chiedo pertanto ai Senatori italiani di non rendersi complici del Governo firmando una legge che, a giudizio della gran parte della comunità accademica e scientifica, recherà grave danno al progresso economico e culturale del nostro Paese."

INVIANDOLO per fax al Senato della Repubblica al seguente numero 06-67062568 (sarebbe opportuno che venisse inviato IMMEDIATAMENTE e comunque entro le 11.00 di domani 22 dicembre. Chi ricevesse questo messaggio successivamente è pregato di inviare comunque il fax che avrà in ogni caso un valore di sostegno).

Si prega di inserire nell¹OGGETTO la dicitura "SOS per l'Università italiana" e all'ATTENZIONE del "Senato della Repubblica Italiana".

P.S.: si prega inoltrare questo messaggio al maggior numero di colleghi.

Cordialmente,

Osservatorio sulla Ricerca

lunedì 20 dicembre 2010

NO al DDL Gelmini - Dai Gasometri di Milano gli studenti del Politecnico


ISSATO SUI GASOMETRI DI MILANO - BOVISA - UN GRANDE STRISCIONE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO: GLI STUDENTI DEL POLITECNICO DICONO NO AL DDL GELMINI



COMUNICATO STAMPA – MILANO, 20/12/2010.

Nella mattina di oggi, lunedì 20 dicembre 2010, gli studenti del Politecnico di Milano lanciano un messaggio alla città dalle strutture simbolo del quartiere Bovisa: i gasometri. Su uno di essi, hanno appeso un grande striscione recante la scritta “NO DDL”.

Questo avviene nei giorni in cui il Disegno di Legge Gelmini viene discusso al Senato. L’obiettivo è quello di attirare l’attenzione della cittadinanza, delle istituzioni e dell’informazione sulle gravi conseguenze che la “riforma” dell’Università potrebbe avere.

Dopo aver organizzato, con le aperture straordinarie della Facoltà di Architettura Civile, due settimane di workshop, assemblee, performance nello spazio pubblico ed altri momenti di partecipazione, oggi gli studenti hanno sentito il bisogno di esprimere il proprio dissenso in modo netto e plateale.

Si tratta di un appello pubblico alla mobilitazione e di un segno di solidarietà verso chi si sta battendo per il diritto allo studio: per un giorno i gasometri, da struttura abbandonata, diventano portavoce del sapere per tutti.

Nota dell'Associazione italiana di Psicologia sul DDL Gelmini


Documento AIP sul DDL Gelmini


L'Associazione Italiana di Psicologia (AIP), che comprende gli psicologi che lavorano nelle Università e negli Enti di Ricerca, ritiene che in merito al DDL sul Sistema Universitario, approvato dalla Camera e in attesa di essere approvato nuovamente dal Senato, diversi commentatori, purtroppo anche accademici, abbiano fornito all’opinione pubblica informazioni distorte ed errate.
Pur condividendo l’esigenza di riformare il sistema universitario nazionale per ricollocarlo a pieno titolo nell’area europea dell’istruzione superiore e confermando la disponibilità a contribuire con proposte e indicazioni, il Presidente e il Consiglio Direttivo dell’AIP ritengono utile e doveroso richiamare all’attenzione dei legislatori e dell’opinione pubblica su 5 palesi falsità:

1) E’ falso che il DDL sia una riforma.
Il DDL è essenzialmente vuoto, consiste di 500 norme, che richiederanno 100 regolamenti attuativi, 35 dei quali emanati solo dal Governo. Di fatto, saranno questi decreti a stabilire come sarà l’Università italiana, non il DDL. Pur essendo alcuni dei principi indicati condivisibili (semplificazione, razionalizzazione, attribuzione ad un’unica struttura “delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica e delle attività didattiche”), essi rimangono indefiniti in assenza dei decreti attuativi.

2) E’ falso che il DDL riduca i cosiddetti corsi di laurea inutili e gli Atenei improduttivi.
Il DDL non tratta per nulla l’argomento. In ogni caso, la decisione sull’attivazione di corsi di laurea è presa ogni anno dal Ministero stesso, in base ai criteri stabiliti dalle leggi precedenti (Articolo 2, comma 5 p. 7).

3) E’ falso che il DDL favorisca la possibilità di studiare agli studenti meritevoli (Articolo 4, comma 1b, p. 18). Infatti, non indica né l’ammontare delle borse di studio, né l’ammontare complessivo dei fondi per le borse, né le procedure per l’attribuzione delle borse (si fa riferimento a prove nazionali standard, ma queste non sono specificate, così come non si specifica chi le dovrebbe creare e somministrare). Inoltre, le borse sono indipendenti dal reddito familiare; di fatto, questo comporta una riduzione delle probabilità di ottenere una borsa di studio per gli studenti a reddito familiare basso se non vi sarà un aumento nell’ammontare complessivo dei fondi.

4) E’ falso che il DDL introduca la meritocrazia nelle procedure di reclutamento dei docenti universitari.
Infatti:
a. l’abilitazione scientifica nazionale non prevede un numero massimo di abilitati, non ha conseguenze immediate (l’assunzione in ruolo), dipende dalla valutazione di pubblicazioni e curriculum dei candidati sulla base di criteri minimi stabiliti dal Ministro sentita l’ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca). In pratica chiunque abbia un minimo di pubblicazioni avrà l’abilitazione (articolo 16, comma 4, p.48).
b. Le vere assunzioni poi saranno decise dai singoli Dipartimenti in base al voto della maggioranza dei professori (articolo 18, comma 1, p. 50). Un Dipartimento è libero di assumere chiunque tra i candidati in possesso dell’abilitazione. Non c’è alcun vantaggio ad assumere i più meritevoli, né alcuno svantaggio ad assumere i meno meritevoli, perché l’attribuzione del 10% del fondo di finanziamento ordinario (FFO) avviene in base alla valutazione (da parte dell’ANVUR) degli Atenei, non dei Dipartimenti (articolo 5 comma 5 p. 27). In un Ateneo con molti Dipartimenti l’assunzione di un candidato poco meritevole non comporta un danno rilevante e l’assunzione di un candidato meritevole non comporta particolari vantaggi.
c. Il DDL introduce che i ricercatori a tempo determinato rimangono tali per massimo sei anni (Articolo 24, comma 3, p. 66). Poiché non c’è corrispondenza tra i posti da professore associato e i ricercatori, un certo numero di questi, pur scientificamente meritevoli, non potranno essere assunti a tempo indeterminato (il contrario del tenure statunitense). Una conseguenza sarà che i ricercatori dovranno sottrarre tempo alla ricerca per svolgere attività professionali che consentiranno loro di vivere se non otterranno una posizione permanente nell’Università e a svolgere comunque la loro attività di ricerca alle “dipendenze” di uno o più professori, poiché da loro dipenderà la loro eventuale assunzione. In pratica, fino a 36 o 37 anni un ricercatore non potrà, di fatto, avere una propria attività di ricerca autonoma.
d. Il ruolo degli attuali ricercatori a tempo indeterminato è a esaurimento (Articolo 6, comma 4, p.31). Dovranno competere con i ricercatori a tempo determinato per il ruolo da professore associato ma in posizione di obiettivo svantaggio, perché già assunti. La loro carriera sarà di fatto bloccata, indipendentemente dai loro meriti scientifici.
e. Il DDL abolisce sia il periodo conferma di tre anni per gli associati che lo straordinariato. Quindi, a differenza di quanto avviene oggi, una volta assunti in ruolo i professori non sono più sottoposti a una verifica della loro attività scientifica che consenta il loro licenziamento se improduttivi. L’unico danno per i docenti improduttivi è la mancata attribuzione dello scatto triennale.
f. Il DDL stabilisce che un Dipartimento non possa assumere un docente che abbia un legame di parentela con un membro del Dipartimento stesso (Articolo 18, comma b, p. 50). La norma è facilmente aggirabile: basta che ad assumere sia un altro Dipartimento. Inoltre il problema dell’Università Italiana non è l’assunzione dei parenti, ma quella dei non meritevoli. Quindi, questa norma, non solo non propone criteri meritocratici di assunzione ma impedisce in modo discriminatorio l’assunzione di alcuni, a prescindere dal merito. E’, pertanto, chiaramente contraria alla Costituzione.
g. Il DDL stabilisce che l’ANVUR valuti le “politiche di reclutamento” degli Atenei, ma non chiarisce cosa s’intenda per “politiche di reclutamento” (Articolo 5 comma 7 p. 32).

5) E’ falso che il DDL riduca il potere dei cosiddetti “baroni”.
Infatti, il potere dei “baroni” crescerà molto perché il DDL attribuisce il potere decisionale a meno persone e solo ai professori ordinari:
a. Il DDL aumenta il potere decisionale del Consiglio di Amministrazione (che assume anche funzioni di indirizzo strategico) e diminuisce il numero dei suoi membri (al massimo undici, per le università più grandi). Negli undici sono inclusi i tre membri esterni al corpo accademico e i rappresentanti degli studenti. Quindi, solo circa sei membri del CdA saranno accademici (solo professori ordinari) (Articolo 2, comma i, p.7).
b. Il numero dei professori ordinari diminuirà nettamente nei prossimi anni a causa dei pensionamenti già previsti e della possibilità di impegnare i fondi liberati per l’assunzione di nuovi ordinari solo nella misura del 20% (Articolo 12, comma 1, p.42).
c. Solo i professori ordinari fanno parte degli organi decisionali degli Atenei.
d. Solo i professori ordinari fanno parte della Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale (Articolo 16, comma 1, p. 48).
e. Solo i professori ordinari del Dipartimento decidono, a maggioranza, la chiamata di professori ordinari in quel Dipartimento (Articolo 18 comma e, p, 51).
f. Tutte le altre componenti del corpo accademico (ricercatori a tempo determinato e professori associati) dipendono per la loro carriera dalla decisione presa dai professori ordinari.

Per il poco che il DDL norma, quindi, l’Università sarà governata da pochi professori ordinari alla guida di gruppi forti (in termini di alleanze, non necessariamente scientificamente) e composta da una maggioranza di ricercatori e professori associati senza alcun potere decisionale e senza autonomia di ricerca. Le conseguenze di ciò sulla qualità della didattica e della ricerca non potranno che essere negative.

Inoltre con l’articolo 18, comma 3, p. 52 relativo alla “Chiamata dei professori”, il DDL rende possibile che gli oneri derivanti dalla chiamata di professori possano essere a carico anche di soggetti privati, previa stipula di convenzione per almeno 15 anni. Permettere l’uso di contributi privati a condizione di una convenzione solleva delle riserve sui rischi di privatizzazione, almeno parziale, dell’università pubblica.

sabato 18 dicembre 2010

Rete 29 Aprile sotto attacco! La richiesta di rettifica al giornale


Richiesta di rettifica


Il giorno 16 dicembre 2010 è stato pubblicato sulle colonne de Il Mattino un articolo a firma di Massimo Martinelli dal titolo “Studenti e centri sociali: ecco il patto del terrore”.

L’articolo, sulla base di un non definito “rapporto riservato”, cita la rete29aprile e “il patto siglato a Milano” il 29 aprile 2010 come responsabili degli scontri di piazza del 30 novembre e del 14 dicembre, assimilando la rete29aprile a un gruppo di terroristi organizzati.

L’articolo è lesivo della reputazione di tutti i ricercatori appartenenti alla rete29aprile ed è di natura diffamatoria. Come si può leggere dal sito www.rete29aprile.it, la rete29aprile è nata in seguito alla presentazione del DDL Gelmini al Senato nell’intento di creare un coordinamento dei ricercatori che si oppongono democraticamente alla riforma universitaria attualmente in discussione. Per organizzare la mobilitazione su scala nazionale, il 29 aprile 2010, si è svolta a Milano un’assemblea nazionale e pubblica dei ricercatori italiani (i video integrali dell’assemblea si trovano sul sito), che ha visto la presenza di oltre 300 persone in rappresentanza di 35 atenei italiani. A seguito dell’assemblea, si è deciso di creare una rete nazionale dei ricercatori che ha preso il nome di “rete29aprile”.

La rete29aprile è un interlocutore delle istituzioni, purtroppo spesso inascoltato, avendo partecipato con i suoi rappresentanti all’audizione del 28 settembre 2010, VII Commissione della Camera dei Deputati.

Tutti i ricercatori della rete29aprile condannano fermamente l’espressione violenta del dissenso così come stigmatizzano qualsiasi atto violento che nega il dialogo e il confronto sui veri temi della riforma - università pubblica, diritto allo studio, valorizzazione del merito.

Tutte le proposte, i nomi dei membri, i documenti e le iniziative della rete29aprile sono pubblici e consultabili dal sito del coordinamento.

Paolo Donadio
Rete29Aprile – Coordinamento di Napoli Federico II


Nota: la rettifica pubblicata su Il Mattino di oggi 18 dicembre (link al pdf - 66,2 Kb)

NO al DDL Gelmini - I filmati dal tetto...

GIOVANI





BARONI





AUTOREFERENZIALITA'

venerdì 17 dicembre 2010

Attacco alla Rete 29 Aprile!


Lettera aperta di Cristiana Fiamingo in risposta alle insinuazioni contenute negli articoli del
Mattino e del Messaggero di ieri 16 dicembre 2010 a firma Massimo Martinelli.

Caro Martinelli,


da storica conosco bene gli archivi dei Ministeri degli Interni e l’abilità di certi funzionari nel categorizzare gruppi scesi in piazza ad esprimere legittimo dissenso, quale falange compatta di sovversivi: si spera sempre che certi faldoni restino fonte storica per contrappunto dai quali i Giuseppe Aragno e gli altri valenti storici del presente e del futuro ricostruiscano per noi le vere aspirazioni delle resistenze, anche di quelle cosiddette “minute”, rispetto ad istituzioni indisponibili all’ascolto, quali ahinoi, è evidente, continuiamo ad annoverare.

Voglio raccontarle di quel che ho visto io a Milano, il 25 novembre scorso: ragazzi senza caschi a mani nude assaliti dalle forze di polizia, coi manganelli alti, proiettati dietro le spalle per assestare meglio i colpi sulle teste di quegli studenti, colpendoli dall’alto, mentre scendevano le scale della metropolitana per raggiungere i ricercatori che avevano occupato il tetto della Facoltà di Fisica. Le abbondanti fotografie messe a disposizione dalla RCS lo dimostrano e, qualora non bastassero, io stessa sono disposta a testimoniarlo in qualsiasi tribunale: ma io e Lei sappiamo bene che questo non sarà mai. Quegli episodi e i continui assalti subiti da studenti e artisti del San Carlo a Napoli a partire da quello stesso giorno, sui quali né Lei né nessun altro ha speso un rigo, sono il frutto di una strategia di fomentazione all’escalation della violenza che parte da faldoni del Viminale, a Lei e a me preclusi, o da qualche presenza nei luoghi di comando - come il G8 di Genova ci ha ampiamente insegnato – e non si poteva chiudere che con gli episodi di Roma.

La mattina del 14 dicembre, mentre raggiungevo i colleghi al Presidio di fronte al Rettorato della Statale, dall’autoradio, una Rete nazionale (103.3 Isoradio) in linea con la Questura di Roma, promanava appelli da Stato d’Emergenza,: “girate col viso scoperto anche se fa freddo… e sempre con un documento in tasca… tenetevi lontani da capannelli di persone, sono possibili reazioni da parte delle forze dell’ordine laddove vi sia legittimo sospetto, alzate sempre le mani di modo da mostrare che non tenete nulla nascosto” e giù (sempre più giù) discorrendo. La demonizzazione del dissenso in atto, il tenore del suo articolo che rasenta il ridicolo e la presenza di adulti vestiti alla guisa dei giovani in quei ranghi, o di black bloc nelle fotografie di Roma, intorno ai quali misteriosamente si articola il baricentro della violenza, mi richiamano alla mente questa intervista di Andrea Cangini a Cossiga che Le rinfresco, e che risale a giovedì 23 ottobre 2008, INTERVISTA A COSSIGA «Bisogna fermarli, anche il terrorismo partì dagli atenei», ROMA
PRESIDENTE Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato? «Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».
Quali fatti dovrebbero seguire? «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».
Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».
Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che...
«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».
Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».
E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».
Quale incendio? «Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università.
E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».
E` dunque possibile che la storia si ripeta? «Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».(...)

Martinelli, persino Lei si sarà accorto che la politica, oggi, non ha davvero fantasia, e la contestuale ammissione da parte del questurino alla radio che da 6 mesi a questa parte vi siano state ben 555 manifestazioni pubbliche a Roma, dimostra come non solo questo Governo, ma buona parte del Parlamento non dico non rispecchi o non si faccia interprete, ma nemmeno percepisca il dissenso, tutti presi, come sono, dal mero intento di tenersi a galla e come contro di esso si scateni ciecamente l’esecutivo. Al fine di destabilizzare la pubblica opinione, di denigrare la parte che non è stata deliberatamente scelta dal potere quale interlocutore, addirittura viene messo a Sua disposizione un fascicolo “riservato” e Lei e molti altri giornalisti conniventi vi prestate a questo gioco, salendo addirittura sul carro dei violenti che, pistola alla mano, si oppongono ad ogni voce che richiami a responsabilità.

Le nostre sono verità profondamente sane e razionali, che non abbisognano di violenza per conquistare evidenza e il nostro dissenso si è coordinato a partire dal 29 Aprile, all’insegna della ricerca di un confronto aperto e approfondito con le istituzioni e con i politici in grado di recepire le nostre istanze, contro una legge che decreta l’inesorabile declino della pubblica formazione.
Si è costretti a salire sui tetti e ad urlare invocando quella responsabilità perché persone come Lei , potendo farlo, ci negano la parola preferendo imbrattare la carta, rendendo i lettori compartecipi d’una ridicola eccitazione nel farsi megafono di irresponsabili accuse oltre che del suono di quei manganelli impietosi che impattano sulle teste dei nostri studenti.

Cristiana Fiamingo
Ricercatore e Docente
Università Statale di Milano
Orgoglioso membro e coordinatore locale della Rete 29 Aprile

giovedì 16 dicembre 2010

Martedì 21 dicembre 2010 - Giornata nazionale di mobilitazione in tutti gli Atenei


ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNU, ConPAss,
CSA-CISAL-Università, FLC-CGIL, Rete 29 Aprile,
SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca,
UILPA-UR, USB-Pubblico Impiego

Martedì 21 dicembre 2010
Giornata nazionale di mobilitazione in tutti gli Atenei

Il 22 dicembre al Senato si vorrebbe approvare definitivamente il DDL sull'Università, nonostante il grande movimento di protesta che coinvolge tutti gli Atenei.

Le nostre Organizzazioni, inascoltate, hanno espresso da tempo precise critiche e precise proposte e hanno chiesto al Governo e al Parlamento di aprire finalmente un vero confronto con il mondo universitario (v. l'ultimo documento unitario qui sotto riportato).


I contenuti del DDL e il metodo con il quale lo si vuole imporre ci inducono a chiedere, ancora una volta, a tutte le componenti universitarie di intensificare la protesta e di partecipare il 21 dicembre ad una GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE in tutti gli Atenei.


=====

ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU, ConPAss, CPU,
CSA-CISAL-Università, FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, Rete 29 Aprile, SNALS-Docenti Università, SUN,UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR, USB-Pubblico Impiego


Il DDL sull'Università è stato approvato alla Camera nonostante la grande mobilitazione degli Atenei e delle Scuole dell'intero Paese, con la partecipazione di tutte le componenti: studenti, professori, ricercatori, precari, dottorandi, lettori-CEL, tecnico-amministrativi.

Il DDL è stato approvato in un contesto politico di estrema incertezza, con una Maggioranza divisa e un Governo debole, che ha scelto di impedire che si potesse liberamente manifestare davanti alla Camera, nonostante l'autorizzazione già concessa alle Organizzazioni in intestazione, e di creare, ingiustificatamente, un'ampia zona interdetta ai manifestanti.

Il Disegno di Legge approvato alla Camera, e che deve ora tornare al Senato, farraginoso e sostanzialmente inapplicabile, non risolve in alcun modo nessuno dei gravi problemi che affliggono l'Università italiana. Infatti esso rafforza i gruppi di potere baronali, aumenta a dismisura e istituzionalizza il precariato, peggiora ulteriormente i meccanismi di reclutamento e di avanzamento di carriera accentuando il localismo. In particolare, introduce un sistema di governo degli Atenei e del Sistema universitario che riduce ulteriormente l'autonomia e la democrazia nell'Università.

Il DDL:

- riduce l'accesso all'Università degli studenti e dei docenti-ricercatori necessari alle esigenze di crescita culturale, sociale ed economica del Paese;
- vanifica di fatto il diritto allo studio;
- espelle dall'Università intere generazioni di studiosi precari che hanno dedicato, spesso senza alcun riconoscimento dei risultati raggiunti, tanti anni alla ricerca e all'insegnamento;
- non assicura gli strumenti necessari all'indispensabile ricambio generazionale.

Per tutti questi motivi, nell'interesse dell'Università e del Paese, si chiede al Senato di non approvare un DDL rifiutato dall'intero mondo universitario e al Governo di aprire, come più volte e da tempo richiesto, una discussione pubblica sull'Università italiana e sulle sue reali necessità.

Roma, 1 dicembre 2010

venerdì 10 dicembre 2010

MINISTRO GELMINI: "INCONTRI RAVVICINATI", MA DI CHE TIPO?

Il CoNPAss - Coordinamento Nazionale dei Professori Associati manifesta sconcerto e disappunto nell’apprendere la notizia dell'incontro tra il ministro Gelmini ed una sola rappresentanza sindacale, peraltro minoritaria, dei ricercatori universitari. Durante l'incontro - secondo lo stringato comunicato stampa ministeriale - si sarebbe discusso delle "principali esigenze dei ricercatori italiani" e il ministro si sarebbe impegnato "a valutare attentamente le proposte..., tra cui quella riguardante la progressione al ruolo di II fascia per un maggior numero di ricercatori".

Il CoNPAss rileva in primo luogo l'irritualità dell'atteggiamento del ministro, che probabilmente trova comodo scegliersi interlocutori compiacenti evitando al contempo di confrontarsi con soggetti maggiormente rappresentativi e rappresentativi anche di altre componenti dell'università. Il ministro Gelmini nel corso di tutto il dibattito che ha accompagnato il tormentato iter del "suo" disegno di legge ha sempre e sistematicamente evitato di incontrare le maggiori associazioni e le organizzazioni dei professori, dei ricercatori e più in generale dell'università, e ora, in evidente difficoltà politica, cerca forse una "sponda" disponibile ad accordi corporativistici al ribasso per riguadagnare punti in vista dell'improbabile ripresa del dibattito parlamentare?

Nel merito, poi, il CoNPAss ritiene deprecabile e offensivo incentrare la discussione su ipotesi di "regali fuori sacco" tanto corporativi da risultare quasi ad personam (anche in considerazione dell'esiguità delle risorse messe a disposizione) e stigmatizza l'incapacità (o forse meglio dire il rifiuto?) da parte del ministro di affrontare i veri nodi cruciali per avviare una discussione concreta sulla riforma, ovvero la mancanza di risorse e lo strapotere di pochi "baroni" ai quali il ddl Gelmini consegnerebbe definitivamente l'università pubblica.

Non si illuda il ministro di poter spendere politicamente e strumentalmente un incontro "occasionale" con due ricercatori, quando la maggior parte, la parte sana e migliore dell'università - ricercatori e professori insieme a studenti, personale di ruolo e precario - è costretta nelle piazze e sui tetti da una politica che si ostina a non ascoltare, ed a favorire invece interessi perversi e lobbistici, come dimostrano gli ultimi "giapponesi" rimasti a difendere l'indifendibile ddl, ovvero il presidente della CRUI e la presidentessa di Confindustria.

Il CoNPAss è pronto in qualsiasi momento ad offrire il proprio contributo in un confronto aperto sui contenuti del disegno di riforma. Ha il ministro Gelmini il coraggio e la responsabilità istituzionale di sospendere in extremis il forzoso e autoreferenziale percorso di approvazione del ddl che porta il suo nome e aprire finalmente un dialogo leale e costruttivo con tutto il mondo universitario?

CoNPAss - Coordinamento nazionale dei professori associati
http://www.professoriassociati.it

giovedì 9 dicembre 2010

La Sapienza: per il 2011 nessun contributo alla CRUI!


Il Consiglio di Amministrazione dell'Università "La Sapienza" di Roma, il più grande Ateneo d'Europa, ha approvato nella seduta del 7 dicembre scorso che
nella bozza di bilancio di previsione 2011 il finanziamento previsto per l’adesione alla CRUI (18.000 euro/annui) venga spostato sulla ricerca scientifica.

Si tratta chiaramente di una indicazione politica anche se simbolica ma necessaria in un momento quale quello in cui si trova la riforma dell’Università. In questo modo forse sarà possibile dare un segnale alla CRUI (il cui Presidente Decleva, rettore dell’Università di Milano, non perde invece occasione per esprimere soddisfazione per l’approvazione alla Camera del ddl Gelmini) sul clima di disagio che sta accompagnando questo passaggio parlamentare.

L'uscita degli Atenei dalla CRUI era stata originariamente proposta dal Coordinamento Precari Università e fatta propria dalla Rete 29 Aprile e dal Coordinamento Nazionale dei Professori Associati tramite una lettera aperta indirizzata ai Rettori, che ha raccolto ad oggi oltre 2600 adesioni.

La CRUI per il tramite del suo Presidente e di alcuni Rettori è fino ad oggi venuta meno al suo compito statutario di rappresentanza e valorizzazione (!) degli Atenei italiani, sostenendo il ddl Gelmini contro ogni ragionevole evidenza.

L'uscita degli Atenei (e in particolare di quelli pubblici) dalla CRUI è un segnale politico "forte" che non può essere facilmente ignorato, a ulteriore testimonianza, se mai ve ne fosse bisogno, della grave preoccupazione con la quale la parte migliore dell'università italiana segue la discussione parlamentare in corso. Non ci sono in questo momento le condizioni politiche per una riforma dell'università e in ogni caso il ddl Gelmini è tutto meno che una buona riforma. Si abbandoni di conseguenza questo ddl e, non appena lo scenario politico lo permetterà, si dia finalmente ascolto a tutte le componenti del mondo dell'università e della ricerca scientifica, per una riforma vera, efficace e condivisa!

mercoledì 8 dicembre 2010

Documento unitario - Occupazione dei rettorati e presidio al Senato


ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU,
ConPAss, CPU, CSA, CISAL-Università, FLC-CGIL,
Rete 29 Aprile, SNALS-Docenti Università, SUN,
UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR, USB-Pubblico Impiego

Roma, 1 dicembre 2010

Il DDL sull’Università è stato ieri approvato alla Camera nonostante la grande mobilitazione degli Atenei e delle Scuole dell’intero Paese, con la partecipazione di tutte le componenti: studenti, professori, ricercatori, precari, dottorandi, lettori-CEL, tecnico-amministrativi.

Il DDL è stato approvato in un contesto politico di estrema incertezza, con una Maggioranza divisa e un Governo debole, che ha scelto di impedire che si potesse liberamente manifestare davanti alla Camera, nonostante l’autorizzazione già concessa alle Organizzazioni in intestazione, e di creare, ingiustificatamente, un’ampia zona interdetta ai manifestanti.

Il Disegno di Legge approvato alla Camera, e che deve ora tornare al Senato, farraginoso e sostanzialmente inapplicabile, non risolve in alcun modo nessuno dei gravi problemi che affliggono l’Università italiana. Infatti esso rafforza i gruppi di potere baronali, aumenta a dismisura e istituzionalizza il precariato, peggiora ulteriormente i meccanismi di reclutamento e di avanzamento di carriera accentuando il localismo. In particolare, introduce un sistema di governo degli Atenei e del Sistema universitario che riduce ulteriormente l’autonomia e la democrazia nell’Università.

Il DDL:

* riduce l’accesso all’Università degli studenti e dei docenti-ricercatori necessari alle esigenze di crescita culturale, sociale ed economica del Paese;
* vanifica di fatto il diritto allo studio;
* espelle dall’Università intere generazioni di studiosi precari che hanno dedicato, spesso senza alcun riconoscimento dei risultati raggiunti, tanti anni alla ricerca e all’insegnamento;
* non assicura gli strumenti necessari all’indispensabile ricambio generazionale

Per tutti questi motivi, nell’interesse dell’Università e del Paese, si chiede al Senato di non approvare un DDL rifiutato dall’intero mondo universitario e al Governo di aprire, come più volte e da tempo richiesto, una discussione pubblica sull’Università italiana e sulle sue reali necessità.

In vista della discussione del DDL in Senato, le Organizzazioni universitarie, a sostegno della mobilitazione negli Atenei, invitano tutte le componenti universitarie all’occupazione simbolica dei Rettorati in concomitanza dell’inizio della discussione in Commissione e promuovono un presidio davanti al Senato in concomitanza con l’inizio della discussione in Aula.

giovedì 2 dicembre 2010

Documento sindacale unitario su DdL Gelmini


ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU,

ConPAss, CPU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL,
LINK-Coordinamento Universitario, Rete 29 Aprile,
SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca,
UILPA-UR, USB-Pubblico Impiego

Il DDL sull’Università è stato ieri approvato alla Camera nonostante la grande mobilitazione degli Atenei e delle Scuole dell’intero Paese, con la partecipazione di tutte le componenti: studenti, professori, ricercatori, precari, dottorandi, lettori-CEL, tecnico-amministrativi.

Il DDL è stato approvato in un contesto politico di estrema incertezza, con una Maggioranza divisa e un Governo debole, che ha scelto di impedire che si potesse liberamente manifestare davanti alla Camera, nonostante l’autorizzazione già concessa alle Organizzazioni in intestazione, e di creare, ingiustificatamente, un’ampia zona interdetta ai manifestanti.

Il Disegno di Legge approvato alla Camera, e che deve ora tornare al Senato, farraginoso e sostanzialmente inapplicabile, non risolve in alcun modo nessuno dei gravi problemi che affliggono l’Università italiana. Infatti esso rafforza i gruppi di potere baronali, aumenta a dismisura e istituzionalizza il precariato, peggiora ulteriormente i meccanismi di reclutamento e di avanzamento di carriera accentuando il localismo. In particolare, introduce un sistema di governo degli Atenei e del Sistema universitario che riduce ulteriormente l’autonomia e la democrazia nell’Università.

Il DDL:
- riduce l’accesso all’Università degli studenti e dei docenti-ricercatori necessari alle esigenze di crescita culturale, sociale ed economica del Paese;
- vanifica di fatto il diritto allo studio;
- espelle dall’Università intere generazioni di studiosi precari che hanno dedicato, spesso senza alcun riconoscimento dei risultati raggiunti, tanti anni alla ricerca e all’insegnamento;
- non assicura gli strumenti necessari all’indispensabile ricambio generazionale.

Per tutti questi motivi, nell’interesse dell’Università e del Paese, si chiede al Senato di non approvare un DDL rifiutato dall’intero mondo universitario e al Governo di aprire, come più volte e da tempo richiesto, una discussione pubblica sull’Università italiana e sulle sue reali necessità.

In vista della discussione del DDL al Senato, le Organizzazioni universitarie, a sostegno della mobilitazione negli Atenei, invitano tutte le componenti universitarie all’occupazione simbolica dei Rettorati in concomitanza dell’inizio della discussione in Commissione e promuovono un presidio davanti al Senato in concomitanza con l’inizio della discussione in Aula.

mercoledì 1 dicembre 2010

CARO MINISTRO, NO AI "RICATTI POLITICI"!


Il CoNPAss - Coordinamento Nazionale dei Professori Associati stigmatizza le incredibili dichiarazioni del ministro Gelmini
che, dopo l'irresponsabile approvazione alla Camera dei Deputati del DDL di riforma del sistema universitario in un contesto di pressocché unanime disapprovazione da parte del mondo accademico, reagisce con inaudite minacce al probabile differimento della votazione al Senato ad una data successiva al voto di fiducia previsto per il prossimo 14 dicembre.

Il ministro avrebbe infatti dichiarato che "il fondo per assumere 1.500 professori l'anno tra il 2011 e il 2013 sarebbe inutilizzabile pur a fronte di un massiccio esodo di docenti già in larga parte avvenuto nel 2009-2010. La legge del 2005 ha abrogato le vecchie regole concorsuali ma non ne sono mai stati varati i decreti attuativi. Quindi al momento non si possono bandire concorsi né da associato né da ordinario, mancando una normativa in materia" e che "il ddl prevede un fondo premiale per il 2011-2013 che serve a reintegrare su base meritocratica parte degli scatti di stipendio: senza il ddl queste risorse non potranno essere utilizzate per lo scopo previsto".

Come se non fosse preciso dovere del ministro Gelmini adottare i decreti attuativi della L. 230/05, della cui inapplicazione il ministro è interamente responsabile, in solido col precedente ministro Mussi!

E come se non fosse possibile per il ministro, come già fatto nella Legge 31/2008 di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 e in attesa della definizione ed attuazione delle vigenti discipline delle procedure di reclutamento dei professori universitari, continuare ad applicare le disposizioni della legge 3 luglio 1998, n. 210.

E, ancora, come se gli scatti stipendiali non fossero stati sospesi per un provvedimento incomprensibilmente penalizante per i professori, i ricercatori e tutto il personale dell'università pubblica, adottato proprio nello scorso luglio da quel Governo di cui il ministro Gelmini è componente.

Il CoNPAss - Coordinamento Nazionale dei Professori Associati trova inaccettabile che temi come l'università pubblica e la ricerca, di importanza fondamentale per il presente e il futuro del Paese diventino oggetto di nemmeno troppo velati "ricatti politici" da parte di un Ministro della Repubblica che, come tutto il Governo, ha giurato nelle mani del Presidente della Repubblica di esercitare le proprie funzioni "nell'interesse esclusivo della nazione".

CoNPAss - Coordinamento nazionale dei professori associati
http://www.professoriassociati.it

DdL Gelmini: NON E' ANCORA FINITA!


Da
Walter Tocci, deputato alla Camera per il PD.

Il disegno di legge Gelmini è stato approvato dalla Camera. Ora deve tornare al Senato per diventare legge. Anche in quell'aula tenteranno di soffocare la discussione parlamentare. Cercheranno di infilare il ddl nella stretta finestra tra l'approvazione della legge di stabilità e la mozione di sfiducia a Berlusconi, tra il 9 e il 14 dicembre.

Ma non è ancora finita. La mobilitazione dell'università è stata formidabile. In questi giorni si è espressa una grande forza civile nelle piazze, sui tetti e accanto ai monumenti del Belpaese. Il grido di dolore e di speranza dei giovani, degli studenti e dei ricercatori ha raggiunto le corde profonde della coscienza nazionale. Le ragioni dell'università sono diventate più chiare di fronte all'opinione pubblica.

In questa lotta il PD c'è stato e ci sarà ancora nei prossimi giorni. Oggi alla Camera il Gruppo dei deputati PD ha fatto sentire l'opposizione parlamentare ed ha avanzato le sue proposte per una vera riforma. L'impegno di tutti i deputati è stato straordinario ed è riassunto nel bellissimo discorso del capogruppo Dario Franceschini per la dichiarazione di voto contrario in diretta televisiva (il testo si può scaricare in formato pdf oppure in formato word, il video si trova sul sito www.camera.it).

In questi giorni la dinamica politica è assai imprevedibile e non si possono escludere sorprese. Con l'appoggio dei finiani la maggioranza è riuscita a dare una prova di forza, ma rimangono intatte le sue fratture, che speriamo possano portare alle dimissioni del Presidente del Consiglio. A questo riguardo il Pd ha indetto una grande manifestazione a Roma per sabato 11 dicembre a piazza San Giovanni. I temi dell'università saranno al centro di quella giornata di mobilitazione popolare che avrà per titolo Con l'Italia che vuole cambiare. Perciò siete tutti invitati a partecipare.

A presto,

Walter Tocci

lunedì 29 novembre 2010

OPPONETEVI al DDL GELMINI O DIMETTETEVI!


COMUNICATO STAMPA N.06
29 novembre 2010

OPPONETEVI al DDL GELMINI O DIMETTETEVI!

Opponetevi o dimettetevi! E' l'invito che, in coincidenza con la ripresa della discussione alla Camera del ddl Gelmini, giunge ai Rettori, ai Presidi e a tutti quei docenti universitari che, pur ricoprendo importanti cariche di rappresentanza nelle università italiane, fino ad oggi non hanno ancora dato voce al dissenso e alle controproposte che professori e ricercatori in tutta Italia stanno ormai da mesi esprimendo a proposito del ddl Gelmini.

Oltre 1600 adesioni in pochi giorni da 56 Università di tutta Italia! Tante ne ha raccolte ad oggi (ma il numero cresce di ora in ora) la "Lettera aperta ai Rettori, ai Presidi di Facoltà, ai Direttori di Dipartimento e ai Presidenti di Consiglio di Corso di Studio delle Università Statali Italiane" proposta dal CoNPAss - Coordinamento nazionale dei professori associati (http://www.professoriassociati.it) e dalla Rete 29 Aprile (http://www.rete29aprile.it/) e accessibile in rete all'indirizzo http://petizioni.conpass.it/.

Oggi il documento viene presentato ufficialmente a tutti i Rettori, sollecitati in qualità di massimi rappresentanti delle Università a richiedere con forza e chiarezza l'arresto immediato dell'iter parlamentare del ddl Gelmini e la restituzione al sistema delle università statali delle risorse finanziarie sottratte.

Viene inoltre chiesto che le Università statali escano dalla CRUI, venuta meno da tempo al suo mandato statutario di rappresentare le università italiane facendosi al contrario strumento della politica governativa (come diversi Rettori hanno sottolineato negli ultimi giorni, dissociandosi dalle prese di posizione del presidente della CRUI). In ogni caso - in accordo con la petizione promossa dal Coordinamento dei Precari dell'Università (http://www.gopetition.com/petition/40360.html) - si chiede anche che ogni Ateneo non versi più alla CRUI il contributo annuale di alcune decine di migliaia di euro (soldi che fino ad oggi sono gravati sui bilanci delle università aderenti). Infine, si chiede che il dissenso nei confronti del ddl venga manifestato anche attraverso la sospensione delle attività didattiche e l'organizzazione di iniziative pubbliche.


CoNPAss - Coordinamento nazionale dei professori associati
http://www.professoriassociati.it

Rete 29 Aprile
http://www.rete29aprile.it/


Il comunicato stampa in pdf (18,9 kb)
Il comunicato stampa in word (37,5 kb)

domenica 28 novembre 2010

NON aderisco a "Difendiamo l'Universita' dalla Demagogia"


Cari colleghi,


ho ricevuto oggi un "appello" a sostegno della "riforma" dell'università, che personalmente non condivido (lo riporto qui in calce). Tale appello è proveniente da un indirizzo email di un fantomatico dominio "maggioranzasilenziosa.com", sito sul quale si trovano ben 16000 indirizzi email di colleghi di tutte le università, evidentemente tratti da una banca dati (ministeriale?)

Personalmente, NON aderisco all'appello, e mi stupisco sinceramente che colleghi altrimenti stimati possano appoggiare questo progetto di devastazione dell'Università italiana frutto di un patto scellerato tra l'oligarchia dei rettori e il mondo politico e sindacale.

La "riforma" accentua la gerarchizzazione degli atenei e lo strapotere dei rettori; sottrae alla comunità scientifica i meccanismi del reclutamento, rimettendo tutto alle oligarchie locali; nasconde dietro il polverone della valutazione della ricerca scelte arbitrarie e clientelari; distrugge l'autonomia didattica e scientifica dei giovani studiosi riducendoli ad un precariato senza sbocco; dulcis in fundo, ripropone la promozione ope legis per persone che non meriterebbero un trattamento così infamante.

Mi chiedo quanti dei colleghi firmatari abbiano davvero letto il testo e abbiano ragionato sulle sue conseguenze, non limitandosi al proprio stretto contesto e alla propria limitata esperienza (o convenienza).

Questo attacco del sistema dei partiti al mondo accademico ha un precedente storico che non va dimenticato: il famigerato decreto Pedini. Fu allora l'ostruzionismo dei deputati del gruppo indipendente di sinistra, dei radicali e in extremis di un drappello di missini a salvare l'università italiana dal saccheggio. Oggi lo scenario si ripete: il futuro si giocherà sul filo del rasoio:

Spero che gli anonimi promotori dell'appello, ai quali ho scritto, abbiano la cortesia di trasmettere ai (presunti) firmatari questa mia risposta. Sarò grato a chi vorrà diffonderla o comunque contribuire a contrastare questa scellerata iniziativa.

P.S.: forse non è un caso che il sito "loccidentale.it", sostenitore dell'iniziativa "pro Gelmini" sia sponsorizzata dalla sedicente università ecampus: lo pseudoateneo creato dal CEPU. Vedere per credere:
http://www.loccidentale.it/articolo/difendiamo+l%27universit%C3%A0+dalla+demagogia.0099147

Un saluto a tutti,

Giovanni Figà-Talamanca
Ordinario di diritto commerciale
Università di Roma Tor Vergata

Lettera Aperta: Difendere i Baroni?


Mi chiamo Saverio Giulini e sono professore ordinario da quasi vent'anni; quindi nel gergo un po' troppo semplificato dei mezzi di informazione e dell'opinione pubblica, potrei essere definito un 'barone'.


Mi è stato chiesto quali motivi mi hanno spinto, giovedì mattina alle 11, a recarmi nell’atrio di via Balbi, in Rettorato, rubandoli ai miei studi e ai miei studenti (ma a questi ultimi avevo per fortuna dedicato le due ore e mezzo precedenti). Me lo sono chiesto anch’io visto l’avvilente spettacolo dello sparuto numero di colleghi presenti.

Per chiarirmi le idee ho cercato delle risposte: ecco le ragioni che ho trovato.
Mi sono recato lì perchè avrei voluto che il Rettore manifestasse chiaramente la sua opinione sul decreto Gelmini con un documento scritto, così come è stato fatto dai Rettori di Cagliari e Sassari, dal Senato Accademico di Firenze, dal Politecnico di Milano.

Ma il Rettore non c’era!

Perchè avrei voluto capire per quale motivo i docenti dell’Università di Genova si dimostrano così inerti e apatici, mentre, per citare un esempio, al Politecnico di Milano 660 tra professori e ricercatori si sono autotassati per acquistare una pagina del Corriere della Sera del 24 novembre allo scopo di rendere pubblico il loro marcato dissenso (costo 27000 euro; eh sì, si possono spendere anche cifre simili per difendere un’idea).

Ma di colleghi ce ne erano ben pochi!

Ho allora buttato via il mio tempo? Forse no, perchè di motivi ne ho trovati tanti altri!

Perchè vorrei che qualcuno si prendesse la briga di smentire una volta per tutte lo slogan (che tanta presa ha sull’opinione pubblica) ‘Chi protesta, difende i baroni’, mentre è vero l’esatto contrario: è proprio la ‘riforma’ che accentra nelle mani degli ordinari sia la gestione dei concorsi che gli organi accademici.

Perchè vorrei che qualcuno, a fronte dell’affermazione di un esponente del governo: ‘I Rettori sono tutti concordi nell’approvare la riforma’, contrapponesse le 3000 firme che ha raccolto una petizione per il ritiro del DDL Gelmini, rivolta al Presidente della Repubblica, in cui si recita ‘La CRUI (Conferenza dei Rettori), unica voce che apertamente appoggia la riforma, ha degli interessi corporativi evidenti: i rettori stanno barattando l'università in cambio di un abnorme accrescimento di potere personale. La CRUI, oggi, non rappresenta l'Università: rappresenta solo se stessa’.

Perchè vorrei che ci si indignasse quando si sente affermare da un lato che non ci sono soldi per l’istruzione pubblica, ma dall’altro si presenta un emendamento alla legge di stabilità che aumenta gli stanziamenti per l’istruzione privata da 100 a 245 milioni (rivedere il Titolo II, art. 33 della Costituzione), cifra ben superiore al PRIN 2009 (finanziamenti per i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale, peraltro ancora in alto mare).

Perchè vorrei che i media trovassero il coraggio di affermare con forza ‘Basta menzogne!’ quando qualche politico afferma che lo Stato Italiano spende troppo per l’istruzione visto che Education at a Glance 2010 ci pone al penultimo posto (su oltre 30 stati) nel rapporto tra spesa pubblica per l’Istruzione e spesa pubblica totale, o che gli 8725$ spesi per lo studente universitario italiano sono molto lontani dalla media OCSE di 12336$ (Fondazione Giovanni Agnelli, 2010; ed entrambi i dati si riferiscono al 2006, prima cioè dei maxi-tagli).

Perchè vorrei che tutti si rendessero conto che un testo pasticciato come il ddl Gelmini può essere chiamato con tanti nomi, ma non è sicuramente una riforma.
Perchè vorrei che l’opinione pubblica, ottenebrata da troppi anni di disinformazione, si ricordasse che i nostri parlamentari non sono dei signorotti onnipotenti, ma solo dei nostri dipendenti, per giunta strapagati (il triplo della media europea; sono a disposizione di chiunque sia interessato, per chiarimenti su questo punto).

Perchè vorrei, infine, che ci si ricordasse che bene o male le Università sono ancora tra i pochi luoghi in cui si ‘fa’ della cultura e che, sì, probabilmente la cultura non si mangia, ma senza cultura il nostro Paese muore.

Un modesto, ma onesto impiegato della Cultura
Saverio Giulini
Professore Ordinario di Analisi Matematica
Facoltà di Architettura
Università degli Studi di Genova


P.S.: oggi, venerdì 26 novembre, è apparsa sul Corriere Mercantile un’intervista al nostro Rettore, in cui egli risponde chiaramente al primo dei ‘perchè’ che avevo avanzato. Anche se avrei preferito un documento ufficiale e, da una persona che nel recente passato si è mossa con grande abilità, mi sarei atteso, in un momento di così alta tensione, una maggiore prudenza, sopratutto se si tiene conto che, a quanto pare, nella riunione del 25 novembre, la Conferenza dei Rettori non ha potuto trattare l'ordine del giorno perchè un gran numero di Rettori ha sollevato il problema delle dichiarazioni sulla stampa del Presidente Decleva a sostegno del DDL Gelmini sull'Università.
In ogni caso chiarezza volevo e chiarezza c’è stata. Onestamente non condivido il suo ottimismo, ma spero di sbagliarmi. Quello che non accetto è l’affermazione ‘questa ‘riforma’ toglie potere ai baroni’; gli slogan (mendaci) sono il nutrimento preferito dell’attuale politica italiana e vengono elargiti senza ritegno all’opinione pubblica; che questa mala usanza si diffonda anche nel nostro mondo è veramente grave.
Quanto al problema del reclutamento, che ovviamente sta a cuore a tutti, direi che gli ultimi concorsi, in regime transitorio è vero, ma non per la composizione delle commissioni, hanno dato una pessima prova di sè. Se il buon (o cattivo) giorno si vede dal mattino’.
Infine siamo tutti concordi sulla necessità di una seria valutazione e di una razionalizzazione del sistema Università (salvo proprio quei ‘baroni’ che tutti noi abbiamo in mente e che, in questo momento, se ne stanno zitti zitti), ma le modalità con cui raggiungere tali obiettivi in modo serio sono assai complesse e diversicate, e non mi pare trovino riscontro nelle norme troppo spesso superficiali, farraginose e contradditorie adombrate nel decreto in questione.

venerdì 26 novembre 2010

DICIAMO CHIARAMENTE A TUTTI PERCHE' PROTESTIAMO


PERCHE' PROTESTIAMO


- I futuri ricercatori disegnati dalla riforma saranno precari a vita. Dopo aver preso una laurea, preparato un dottorato (e non è detto che si vinca subito), dopo tre anni di dottorato, qualche altro anno di post-dottorato, poi di assegni di ricerca si arriva a vincere un concorso per ricercatore a 40 anni, un posto che sarà precario (3 anni +3) senza nessuna certezza di venire assunti come associati (previa abilitazione nazionale) così come dice la Gelmini. La legge li denomina ricercatori ma li obbliga ad insegnare a basso costo, rispetto allo stipendio dei professori. Insomma sono ricercatori o professori? Oppure sono ricercatori mascherati da professori mal pagati e sfruttati? Devono lavorare e in silenzio poiché l’ordinario di turno li potrà sempre minacciare di non chiedere il concorso per associato. È una schiavitù terribile ed è il futuro che si prospetta per migliaia di giovani che vogliano intraprendere la carriera universitaria.

- Gli attuali ricercatori a tempo indeterminato sono stati assunti per fare ricerca e non didattica. In realtà sono loro a mantenere circa il 50% dei corsi in tutta Italia. Essi però NON SONO PAGATI per fare lezione, correggere le tesi e quant’altro. Fino ad adesso hanno fatto didattica per senso si responsabilità e con la speranza che quell’esperienza sarebbe servita loro per superare i concorsi futuri. Concorsi che non ci sono mai stati poiché i continui tagli che i tagli all’FFO hanno praticamente cancellato ogni giusta aspirazione di carriera.

- I ricercatori, come tutti gli altri docenti sono stati privati fino al 2013 degli scatti economici (ma i ricercatori perdono in percentuale molto di più degli altri). Spieghi la Gelmini che cosa vuol dire “che saranno premiati i docenti migliori” se soldi non ce ne sono.

- Con questa legge le commissioni di TUTTI I CONCORSI saranno in mano solo a pochi ordinari con l'estromissione dei ricercatori e degli associati da ogni momento decisionale (alla faccia della democrazia e della legge contro i baroni).

- I ricercatori chiedono fondamentalmente l’istituzione del RUOLO UNICO DELLA DOCENZA che eliminerebbe ogni forma di subordinazione e sarebbe davvero una legge contro i baroni. RUOLO UNICO DELLA DOCENZA vuol dire che scompare la figura del ricercatore e che si diventa, dopo il dottorato, le borse di studio, gli assegni di ricerca, - insomma dopo un bel po’ di precariato e previo il superamento di un concorso serio - professori a tutti gli effetti senza la distinzione tra ordinari e associati. Ovviamente si avanzerà nello stipendio e nei ruoli di responsabilità solo attraverso il merito. Chi ogni due anni dimostra di aver prodotto davvero potrà, previo giudizio di una commissione anche internazionale (o come volete voi), passare al livello successivo che gli consentirà di avanzare sia nello stipendio che nei posti di responsabilità.

- L’attuale legge Gelmini punisce e relega ai margini decisionali della vita universitaria coloro che nell’università ci lavorano davvero, disegnando una governance senza la presenza degli attuali ricercatori, degli associati e di un buon numero di studenti.

- Questa legge penalizza ulteriormente dal punto di vista economico i giovani che lavorano nell’università in quanto non consente loro di ricostruire la carriera nel momento in cui passa da uno stato giuridico ad un altro (da dottore di ricerca/assegnista a ricercatore, da ricercatore ad associato, da associato ad ordinario) creando un danno economico enorme soprattuo alle nuove generazioni di studiosi.

PERCHE’ NESSUNO FA QUESTE DOMANDE ALLA GELMINI, PERCHE’ NESSUNO LE DICE IN FACCIA QUESTE COSE ESIGENDO DA UN MINISTRO DELLA REPUBBLICA DELLE SPIEGAZIONI?


INTEGRATE E DIFFONDIAMO OVUNQUE (MAIL BOMBING, POLITICI, FLI, PARTITI D’OPPOSIZIONE, GIORNALI ECC) QUESTI POCHI, MA A MIO AVVISO IMPORTANTI PUNTI CHE NESSUNO HA MAI VERAMENTE TOCCATO IN OGNI TG O TRASMISSIONE TELEVISIVA. E’ SU QUESTO CHE LA GELMINI DEVE DISCUTERE E NON SCIORINANDO LA SOLITA LITANIA , IL SOLITO DISCO ROTTO. GRAZIE.

Giuseppe Patisso
Ricercatore
Università del Salento

COMUNICATO APRI PER RITIRO DDL E RICHIESTA DIMISSIONI GELMINI


L'Associazione Precari della Ricerca Italiani è indignata e delusa per l'attuale situazione che si è delineata relativamente al DDL Gelmini.


Sin dall'inizio dell'iter parlamentare, convinti che il DDL potesse rappresentare un'occasione per riformare in modo meritocratico un'università ancora oggi in mano alle corporazioni, abbiamo avviato innumerevoli tentativi di dialogo attraverso incontri con il MIUR, partecipazioni alle audizioni parlamentari, contatti con deputati e senatori particolarmente attenti alla causa.

Ebbene, qualunque nostro tentativo è andato a vuoto: il ministro si è dichiarato sordo a qualunque nostra richiesta.

L'APRI denuncia inoltre come gli emendamenti presentati nel primo passaggio in Senato, poi in Commissione e, infine, nell'attuale passaggio alla Camera abbiano completamente stravolto l'impianto originale disegnando un DDL che oggi non è solo inadeguato per riformare l'Università italiana, ma, se possibile, è estremamente peggiorativo ai fini della competitività internazionale del sistema italiano, del diritto allo studio e dell'apertura al merito e alle competenze.

Allo stesso tempo l'APRI è parimenti delusa dal comportamento di molte delle forze di opposizione e di governo/opposizione, preoccupate unicamente di cercare consenso attraverso contentini a figure già fortemente tutelate dal sistema universitario, dimenticando i precari e svilendo in questo modo le richieste di rilancio, apertura e meritocrazia del sistema universitario italiano.

Per tutti questi motivi, l'APRI chiede con forza che il DDL venga immediatamente RITIRATO, che il Ministro Gelmini si assuma le responsabilità del fallimento dimettendosi e che il parlamento e il governo si facciano carico di creare le condizioni per riprendere un dialogo aperto su un progetto di riforma universitaria necessario oggi più che mai.


APRI - Associazione Precari della Ricerca Italiani
http://www.ricercatoriprecari.it/
http://ricercatoriprecari.blogspot.com/

martedì 23 novembre 2010

Lettera aperta ai Rettori, ai Presidi di Facoltà, ai Direttori di Dipartimento e ai Presidenti di Consiglio di Corso delle Università Statali

LA LEGGE GELMINI E’ PEGGIORATA!


Da
Walter Tocci, deputato alla Camera per il PD.

PDL e Lega stravolgono le regole parlamentari e cancellano perfino i miglioramenti già approvati dalla commissione Cultura.

Si è appena conclusa una brutta pagina di vita parlamentare. Vi racconto in sintesi i fatti. Alle 13,30 la Camera ha approvato col nostro voto contrario la legge finanziaria, ora denominata di stabilità. Mezz’ora dopo PDL e LEGA hanno imposto la ripresa della discussione del ddl Gelmini in commissione Bilancio, dove si era bloccata qualche settimana fa. E’ stata una chiara violazione delle regole parlamentari. Infatti, non si possono approvare leggi di spesa durante la sessione di bilancio. Questa si concluderà solo quando anche il Senato avrà approvato il provvedimento finanziario. Di conseguenza il PD in Commissione Bilancio si è battuto perché non si desse corso al parere. Per un soffio non è passata la nostra mozione che ha raccolto 20 voti (partecipazione al 100% dei nostri deputati) contro i 21 voti di PDL e LEGA. Se anche i tre finiani avessero votato contro si sarebbero rispettate le regole e avremmo bloccato l’iter del provvedimento.

Quella regola non è solo una formalità, ma è ispirata a criteri di buon senso e di ordine delle discussioni. Infatti, la sua violazione ha condotto lo stesso governo in una situazione imbarazzante in cui ha dovuto smentire se stesso e cancellare una serie di norme che avrebbero avuto bisogno della conclusione della sessione di bilancio.

Pur di mettere il suo pennacchio sull’approvazione della legge la Gelmini ha disatteso gli impegni presi in pubblico ed è arrivata a eliminare perfino alcuni miglioramenti che erano stati introdotti dalla commissione Cultura. Le esigenze della propaganda per il ministro vengono prima dei diritti degli studenti, dei ricercatori e dei professori.

A seguire si è riunita la commissione Cultura e abbiamo assistito a una scena penosissima. I deputati della maggioranza hanno dovuto fare una sorta di abiura approvando ben 34 emendamenti abrogativi di norme che essi stessi avevano votato solo qualche settimana fa. A questo si riduce la vita parlamentare quando a comandare è uno solo. Riassumo di seguito i contenuti più importanti di tali emendamenti. Solo chi muove da un radicato disprezzo verso l’università può portare all’approvazione i seguenti peggioramenti:

- eliminazione del ripristino degli scatti di anzianità per i giovani ricercatori sbandierato dalla Gelmini in tante televisioni (art. 5 bis del testo approvato in commissione Cultura)

- definanziamento degli incentivi per l’internazionalizzazione del sistema universitario e in particolare per insegnamenti o corsi di studio che si tengono in lingua straniera (art. 2, comma 2, lettera l)

- possibilità di assorbimento da parte del ministero dei risparmi generati da eventuali fusioni di atenei, dopodiché non si capisce con quali incentivi si realizzeranno tali processi (art. 3, comma 3)

- soppressione del trasferimento dei beni demaniali in uso agli atenei (art. 3bis)


- obbligo di restituzione dei buoni studio anche da parte degli studenti che hanno ottenuto il massimo dei voti (art. 4, comma 1, lettera b)

- cancellazione nella definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) per il diritto allo studio dei seguenti obiettivi: borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi; dopodiché non si capisce che cosa rimanga (art. 5, comma 6, lettera a)

- nei passaggi di livello eliminazione dell’aggancio alla classe quarta per la rivalutazione iniziale che era stato introdotto a parziale compensazione della mancata ricostruzione di carriera (art. 8, comma 3, lettera b)

- definanziamento della retribuzione integrativa per i ricercatori che svolgono didattica o attività gestionali (art. 9 comma 01)


- eliminazione della soglia minima di 20 mila euro annui per gli assegni di ricerca (art. 19, comma 6)

- ammissione che non si tratta di una vera tenure track poiché la conferma di ruolo è condizionata con norma esplicita alla disponibilità delle risorse (art. 21,comma 5)

- mancato riconoscimento delle prestazioni dei contratti a tempo determinato ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza (art. 25, comma 10quater)

- cancellazione della norma relativa ai concorsi per associato che non ha copertura finché non viene approvata al Senato la legge di stabilità.

La perla finale è il commissariamento del ministro Gelmini contenuto nell’ultimo emendamento (art. 25, comma 11 bis). Il ministro dell’Università, secondo la norma introdotta, “provvede” al monitoraggio degli atenei e “riferisce” al ministro dell’Economia il quale interviene “con proprio decreto” per modificare gli stanziamenti in bilancio a favore dell’università. E’ un linguaggio mai utilizzato nella legislazione italiana. Mai prima d’ora, infatti, erano state introdotte norme che subordinano un ministro rispetto a un altro, dal momento che la Costituzione ne stabilisce la parità di rango. Se fosse solo un problema personale potremmo dire che la Gelmini se l’è cercata e non saremo certo noi a compiangerla. Ma qui è in gioco una questione istituzionale che riguarda in ultima istanza la libertà universitaria. Doveva essere una riforma epocale. Oggi non è più neppure un disegno di legge. E’ una doppia ordinanza di commissariamento. Gli atenei sotto il comando del ministero dell’Università e questo sotto il ministero dell'Economia.

Ma non finisce qui. Utilizzeremo gli strumenti parlamentari per impedire questo scempio delle regole.

Lunedì inizia la discussione in aula, entro le ore 12 si presentano gli emendamenti e martedì mattina cominciano le votazioni. La battaglia non è perduta. L’opposizione parlamentare farà sentire la sua voce e avanzerà le proposte per una vera riforma dell’università italiana.

giovedì 18 novembre 2010

Protestiamo contro il DdL Gelmini!


Lunedì prossimo riprenderà l’esame del DdL Gelmini da parte della Camera dei Deputati. Contrariamente a quanto affermato dalla maggioranza di governo e da pochi accademici compiacenti, questo progetto di legge non ha nulla a che vedere con la riforma della quale l’università italiana ha urgente bisogno, ma rappresenta un’epocale operazione di smantellamento del nostro sistema universitario pubblico che, qualora portata a compimento, cancellerebbe per sempre il diritto allo studio, la libertà di ricerca e di insegnamento e la dignità del lavoro negli atenei italiani.


In più occasioni e senza mai ricevere ascolto, l’intero mondo universitario (studenti, ricercatori, precari, docenti...) ha sollevato critiche fondate su diversi aspetti del DdL, contestando la cancellazione del diritto allo studio, la precarizzazione della ricerca e della docenza, la spinta verso una maggiore gerarchizzazione del corpo docente, la soppressione della gestione democratica degli atenei in favore di un ulteriore trasferimento di poteri alle stesse lobby accademiche e agli stessi rettori responsabili delle cattive gestioni degli ultimi anni. Si tratta di provvedimenti che non hanno nulla a che vedere con la valorizzazione del merito e il contrasto dei malcostumi accademici, ma si pongono il solo scopo di trasferire risorse e studenti verso costosissimi atenei privati (non a caso gli unici ai quali il governo ha totalmente cancellato i tagli, ottenendo in cambio l’appoggio dell’UDC alla riforma) e togliere il governo delle università a coloro che vi lavorano per trasferirlo alle imprese e alla politica, come esplicitamente affermato dallo stesso direttore generale della LUISS.

La settimana prossima rappresenta il momento decisivo per chiunque creda nelle libertà di istruzione, ricerca ed insegnamento, nella dignità del lavoro, nel diritto al futuro delle generazioni più giovani... Il fallimento del tentativo di accelerazione portato avanti dal governo lo scorso ottobre dimostra come la (ex?) maggioranza parlamentare sia particolarmente vulnerabile alle manifestazioni di dissenso provenienti dalla parte sana dell’università. Per queste ragioni, lanciamo un forte appello al mondo accademico chiedendo di avviare iniziative per tutto il
corso della settimana prossima ed invitiamo il corpo docente a sostenere la nostra battaglia attraverso il ricorso alle forme di protesta già sperimentate durante la protesta contro i tagli della legge 133 (didattica alternativa, lezioni all’aperto, dibattito sulle conseguenze del DdL).

Domani sarà troppo tardi!

* Coordinamento dei precari della ricerca e della docenza – Università
* Coordinamento nazionale dei professori associati
* Link – Coordinamento Universitario
* Rete 29 Aprile
* Unione degli Universitari

18 Novembre 2010

mercoledì 17 novembre 2010

17 novembre: uno sciopero per non abbassare la guardia sulla crisi dell’Università Pubblica


Abbiamo sentito dire da media e politici, nelle scorse settimane, che la discussione del DdL Gelmini alla Camera dei Deputati si era fermata per mancanza dei fondi necessari per finanziare pretese “innovazioni” richieste dal DdL, tra cui si citavano gli “avanzamenti di carriera” dei Ricercatori “meritevoli”. Si è poi di nuovo parlato, confusamente, di soldi “trovati” da Tremonti in Finanziaria per l’Università, forse (?) specificamente per le promozioni dei Ricercatori. In realtà sono state dette molte falsità. In particolare:


È falso che la recente promessa del Ministro Tremonti di “concedere” un miliardo di euro al sistema universitario significhi “investire nell’Università” e “finanziare la riforma”: lo stesso governo ha previsto per il 2011 un taglio di 1,3 miliardi di € al sistema universitario e di 200 milioni di € alle borse di studio. E’ chiaro quindi che il sistema universitario viene fortemente definanziato: 1.500 milioni di tagli - 1.000 milioni di tagli condonati = 500 milioni sottratti al sistema universitario in un anno. Sostenere il contrario significa essere corresponsabili della progressiva distruzione delle Università pubbliche.

È falso che la “riforma Gelmini” colpisca le baronie. Invece di indebolire alcuni consolidati assetti di potere, li rafforza: dalla gestione dei concorsi a quella del potere decisionale interno agli Atenei, la riforma dà enormi poteri proprio a chi fino ad ora ha gestito il sistema. L’onnipotenza incontrollata e irresponsabile di un Consiglio di Amministrazione nominato e senza controllo produrrà clientele che trasformeranno l’istituzione universitaria in una nuova incrostazione di poteri con spreco di denaro pubblico, sul modello delle ASL. Sostenere il contrario significa essere corresponsabili della consegna dell’Università pubblica in mano a consorterie di potere (private, pubbliche o confessionali).

È falso che la “riforma Gelmini” avvantaggi i giovani ricercatori e consenta loro di accedere presto ai ruoli universitari. Al contrario, allunga per legge il già lunghissimo precariato: aggiungendo al dottorato (3 anni) e agli assegni di ricerca i nuovi contratti di insegnamento/ricerca a basso costo previsti dal DdL, il periodo tra la laurea e l’accesso al ruolo per un giovane potrà facilmente oscillare tra 11 e 15 anni (peraltro con scarse speranze di successiva entrata in ruolo causa scarsità dei finanziamenti e blocco del turnover). Sostenere il contrario significa condannare all’oblio chi ora, da precario, sostiene il sistema universitario, e costringere ad emigrare la migliore parte delle generazioni future.

È falso che la “riforma Gelmini” agevoli gli studenti meritevoli. Anzi, la legge vorrebbe che lo Stato ritirasse quel poco e insufficiente sostegno che concede oggi, per passare alla logica del credito agevolato. Questo non significa sostenere l’alta formazione, ma piuttosto creare eserciti di giovani già indebitati con lo stato e con le banche prima ancora di aver trovato un lavoro; e ancora, trasformare quel che dovrebbe essere un “ascensore sociale” in un filtro per escludere le categorie svantaggiate.

È falso che la “riforma Gelmini” valorizzi o consideri coloro che hanno competenze certificate (i Ricercatori): circa 27.000 ricercatori universitari, la quasi totalità dei quali in possesso di dottorato di ricerca e con alta qualificazione professionale, vedono il loro ruolo messo ad esaurimento ai fini di un misero risparmio economico. E’ falso che vengano premiati dal fantomatico investimento sulla ricerca: dell’investimento aggiuntivo di 1.700 milioni di € promesso dalla maggioranza appena poche settimane fa per le progressioni di carriera (che nessuno vuole, se avulse da un piano concreto di reclutamento complessivo), resta nel quadro attuale un ipotetico stanziamento di neppure 100 milioni, peraltro sottratti ai 1.000 del “condono” tremontiano. Sostenere il contrario significa “fare finta”: è ancora una volta il gioco delle tre carte, in cui si scommette sulla pelle dei ricercatori di ruolo, ai quali si chiede anche, sfacciatamente, di mantenere in piedi il sistema svolgendo mansioni non dovute.


Se il DdL verrà approvato dalla Camera, in molti casi l’indisponibilità dei ricercatori alla didattica diventerà definitiva, rendendo impossibile la prosecuzione dell’anno accademico nei primi mesi del 2011, dove sono stati spostati, per “fare finta” che tutto vada bene, i corsi tenuti in passato da ricercatori oggi indisponibili. Chi approverà questo disegno di legge avrà quindi anche la responsabilità di un tracollo immediato del sistema universitario pubblico, che sarebbe stato evitabile se solo si fosse dato ascolto alle voci provenienti dall’Università stessa, invece che alle bugie del ministro Gelmini e al controcanto degli “opinionisti interessati”, dei gruppi di potere delle università private e della Confindustria.

Anche se le caotiche vicende del Governo in questi giorni non permettono di prevedere se, quando, ed in che forma il DdL potrebbe arrivare alla Camera, oggi, 17 novembre,

aderiamo allo sciopero, proclamato dalle organizzazioni sindacali,

per riaffermare che
siamo contrari al DdL, e richiediamo a gran voce la sua cancellazione;

chiediamo che
si progettino e discutano riforme condivise
che affrontino i problemi della governance, del reclutamento e del superamento delle baronie, e della valutazione del merito
(vedi p.es. proposte di associazioni di Ricercatori: http://www.rete29aprile.it, http://w3.uniroma1.it/cnru/ e del Coord. Naz. Professori Associati: http://www.professoriassociati.it),

e che
l’Università e la Ricerca Pubbliche siano sostanzialmente rifinanziate

Un gruppo di Ricercatori,
Professori Associati
e Studenti
dell’Università dell’Insubria
(Sede di Busto Arsizio)

Large Visitor Globe