lunedì 23 luglio 2012

Elezioni a Uninsubria - CHI VOTA?



Per una volta, pubblichiamo un post puramente "tecnico" utile a inquadrare in via preliminare la numerosità e la composizione del corpo elettorale per l'elezione del prossimo Rettore di Uninsubria. Su questa base, prossimamente formuleremo alcune proiezioni della possibile distribuzione dei voti.

Partiamo dalla definizione del corpo elettorale chiamato al voto, che in base all’art. 15 dello Statuto di Ateneo è costituito da:
  • tutti i professori e i ricercatori, anche a tempo determinato;
  • i rappresentanti degli studenti negli Organi di governo dell’Ateneo, nei Consigli di Dipartimento o nelle Scuole;
  • tutto il personale dirigente e tecnico-amministrativo di ruolo, il cui voto è ponderato nella misura del venticinque per cento rispetto al numero dei professori e ricercatori.
Secondo il sito MIUR[1] i professori e i ricercatori ad oggi in servizio in Ateneo sono 385, così suddivisi tra i sette dipartimenti al momento esistenti:
  • SCIENZE CHIRURGICHE E MORFOLOGICHE - 54
  • BIOTECNOLOGIE E SCIENZE DELLA VITA (DBSV) - 49
  • MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE - 40
  • SCIENZA E ALTA TECNOLOGIA - 83
  • ECONOMIA - 39
  • DIRITTO, ECONOMIA E CULTURE - 54
  • SCIENZE TEORICHE E APPLICATE - 66

I rappresentanti degli studenti al momento non esistono (!) e lo Statuto si è così inventato in sede di prima applicazione (art. 88) che l’elettorato attivo per gli studenti comprende:
  • i rappresentanti degli studenti in Senato accademico e in Consiglio di amministrazione, in carica alla data di entrata in vigore del presente Statuto;
  • una rappresentanza elettiva degli studenti, esclusivamente destinata alla prima elezione del Rettore, pari al 15% del numero di docenti e ricercatori componenti i cinque Consigli di Facoltà dell’Ateneo.
I primi sono in tutto sei, mentre i secondi sono 56[2] (avrebbero dovuto essere 57, ma la scarsissima partecipazione al voto – poco più dell’8% del totale degli aventi diritto ha votato per un numero di candidati di norma di pochissimo superiore e in un caso addirittura inferiore al numero di seggi disponibili!), per un totale di 62 studenti votanti.

Il dato relativo al personale dirigente e tecnico-amministrativo di ruolo è il più incerto, dal momento che abbiamo potuto basarci ad oggi unicamente sulla rubrica di Ateneo,[3] da cui risultano almeno 312 unità (abbiamo preferito una stima per difetto e saremo grati a chiunque vorrà inviarci riferimenti più precisi e aggiornati). A norma di Statuto, voto del personale deve però essere “ponderato nella misura del venticinque per cento rispetto al numero dei professori e ricercatori”, il che implica che il totale dei voti esprimibili dal personale non potrà essere superiore a 385 (numero dei professori e dei ricercatori da sito MIUR)*0,25, ovvero a 96. Aggiungiamo che il personale risulta suddiviso tra facoltà (33 unità, 10 voti ponderati), dipartimenti (71, 22) e amministrazione centrale (208, 64).

Riassumendo, dunque:
  • professori e ricercatori - 385
  • studenti - 62
  • personale - 96 (ponderati)
per un totale di 543 voti, il che fissa il quorum per la validità delle prime tre votazioni (art. 1, p. 33 del regolamento per l’elezione del Rettore per il primo sessennio 2012-2018)[4] a 272 voti.


[1] http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/vis_docenti.php?qualifica=**&conferma=2&cognome=&nome=&radiogroup=P&universita=C7&facolta=00&settore=0000&area=0000&situazione_al=0&vai=Invio
[2] http://www4.uninsubria.it/on-line/home/naviga-per-tema/info-amministrative/elezioni/elezioni-delle-rappresentanze-degli-studenti/articolo3237.html
[3] http://www.uninsubria.it/pls/uninsubria/bd_rubrica.form2?id_session=
[4] http://www4.uninsubria.it/on-line/home/naviga-per-tema/info-amministrative/elezioni/elezioni-del-rettore/articolo3313.html

LA SCELTA DI PRIN E FIRB = IL REGNO DELL'OPACITÀ

 
LA SCELTA DI PRIN E FIRB = IL REGNO DELL'OPACITÀ

Da qualche settimana sto cercando di capire come funzioni il sistema di selezione dei PRIN; fin ad oggi la selezione era stata fatta a livello centrale, dal MIUR, mentre da quest'anno è stato introdotto un doppio livello di selezione: il primo a livello di Ateneo, demandato alle Commissioni Ricerca presenti in ciascuno, un secondo attuato dal MIUR.

Era mia convinzione, presumibilmente condivisa da larga parte dei colleghi (almeno quelli - l'assoluta maggioranza! - che non sono a parte degli arcana imperii di MIUR, annessi e connessi) che ogni progetto venisse sottoposto a due revisori, ovviamente anonimi, i quali lo valutavano ciascuno in modo indipendente. La media aritmetica delle due valutazioni avrebbe poi deciso la collocazione di ogni progetto nella graduatoria del rispettivo SSD, e quindi il suo finanziamento o meno. Alla conclusione del processo le due valutazioni sarebbero state rese visibili al coordinatore nazionale, che poteva poi farle circolare tra i membri del gruppo di ricerca costruito ad hoc. Poteva andar bene, poteva andar male ma il funzionamento della macchina era chiaro (o meglio: appariva tale).

Spinto dal fatto che la preselezione attuata quest'anno dalla Commissione Ricerca dell'Università di Torino, dove insegno, non aveva inserito nella rosa dei 19 PRIN da inviare al MIUR nessun progetto di area storica, ho chiesto alla Commissione Ricerca di Ateneo di rendere pubblici e i propri verbali, e i giudizi che ogni progetto aveva ricevuto dai revisori (che immaginavo essere due).

Mi sembrava una banale esigenza di trasparenza, posto che se ci si presenta ad una selezione si dovrebbe dare per scontato che si possa ricevere un giudizio negativo. Invece mi son trovato di fronte ad ogni sorta di obiezioni: a) è stata invocata la privacy; b) mi son state ricordate le preoccupazioni che molti colleghi avrebbero espresso circa la possibilità di fare "brutte figure"; c) mi è stato detto che alcuni revisori, in passato, avrebbero usato un linguaggio non troppo "comme il faut" verso progetti e presentatori. Insomma,. Mi son reso conto di trovarmi ad essere membro (se queste descrizioni fossero vere) non di una corporazione di studiosi provetti, dal forte ego e scafati da decenni di ricerca, bensì di un'aggregazione di mammolette dalla sensibilità pari a quelle di virginali educande di un collegio vittoriano. Mah…

Son poi riuscito ad ottenere la pubblicazione dei verbali della Commissione Ricerca di Ateneo, ancorché su una sezione intranet del sito di UniTO, quindi non visibile a chi non sia un dipendente dell'Università, ma nulla da fare sulla visibilità erga omnes delle valutazioni.

Mi è poi stato spiegato, ed in merito ho ricevuto conferme da diverse fonti di altro genere (colleghi di altri Atenei che han fatto o fanno parte delle rispettive Commissioni Ricerca; funzionari del MIUR a cui mi son rivolto), che da parecchi anni la selezione dei PRIN da parte del MIUR avviene sulla base di uno strumento informatico elaborato dal CINECA il quale funziona nel modo seguente: a) il progetto viene sottoposto a due valutatori, chiamiamoli A e B; b) qualora le due valutazioni differiscano tra loro di un numero di punti (da 0 a 100) superiori a 10 entra in campo un terzo valutatore, C; c) a quel punto vengono prese in considerazione le due valutazioni tra loro meno distanti (sempre comprese in un intervallo non superiore a 10 punti) e la valutazione più distante viene scartata; d) se anche la terza valutazione si scosta da entrambe le precedenti di oltre 10 punti entra in gioco un quarto valutatore D e così via.

L'esposizione dettagliata del meccanismo ha provocato in me l'insorgere di considerevoli perplessità: a) mi è parso assai irrazionale in sé: posto che due progetti ricevano entrambi un giudizio A di 100 punti ed un giudizio B di 80, se il valutatore C del primo gli dà 91 il progetto riceve un giudizio medio di 95,5, mentre se il valutatore C del secondo progetto gli attribuisce 89 il suo giudizio complessivo diventa 84,5…; b) questa modalità di funzionamento del meccanismo non è mai stata resa nota alla globalità dei docenti e nemmeno è stata resa pubblica sui siti appositi che MIUR e CINECA dedicano ai PRIN. Perché? Che potesse esistere un terzo giudizio, poi scartato, era cosa non visibile nemmeno ai coordinatori nazionali, i quali sul loro sito docente potevano leggere solo i due giudizi presi in considerazione, l'eventuale terzo (quarto, quinto, ecc.) no. Perché?

Ho poi appreso che il sistema finora descritto era stato proposto dal CINECA alle Commissioni Ricerca di Ateneo quest'anno incaricate delle preselezioni; in proposito la CRUI avrebbe convocato una riunione di tutti i responsabili delle Commissioni nel marzo scorso. La CRUI??? Ulteriore obiezione mia: ma che titolo ha la CRUI per fare un'operazione del genere? La CRUI è una rispettabilissima associazione privata di Rettori, certamente autorevole, ma non ha assolutamente alcun ruolo istituzionale (come invece ha il CUN, ad esempio). La CRUI è una specie di Rotary Club, nulla di meno, nulla di più. Chi al MIUR ha deciso di attribuirle la facoltà di convocare la riunione su ricordata? O ha permesso che la CRUI se l'attribuisse? Sarebbe esilarante, se non fosse assai preoccupante, il paralogismo oppostomi sul tema da un cortese funzionario del MIUR: "Dato che il Rettore è il legale rappresentante dell'Ateneo, la CRUI rappresenta legalmente tutti gli Atenei…". Nuovamente, mah…

Proseguiamo: il collega, gentilissimo e disponibile, che presiede la Commissione Ricerca di UniTO ha dichiarato che il sistema in questione è stato prescelto dall'Ateneo per ovvi problemi di tempo, anche se la Commissione si è riservata un ulteriore spazio per spostamenti, giudicati opportuni, nelle graduatorie, ma comunque ha fatto proprio il modello di gestione delle valutazioni sopra descritto. Colleghi di altre Università mi han però comunicato che quella gestione non era affatto vincolante: era invece data possibilità alle Commissioni di Ateneo di tener conto delle medie tra le prime due valutazioni, di chiederne una terza nel caso di una forchetta superiore ai 10 punti tra esse e poi di far la media tra tutte e tre le valutazioni e così via. Insomma gli spazi quanto meno a livello locale c'erano; dove si è scelto il sistema CINECA in blocco o quasi è stato perché si è deciso in tal senso. Così è avvenuto, senz'ombra di dubbio, a UniTO.

In ogni caso, non risulta che le Commissioni Ricerca abbiano ritenuto opportuno chiarire a tutti i colleghi del proprio Ateneo come avrebbero operato la preselezione. Interpellati in proposito, i cortesi funzionari MIUR prima citati mi han fatto sapere che nella ricordata assemblea promossa dalla CRUI era stata data informazione a tutti i Rettori, quindi per loro funzionari la conoscenza della macchina era data per scontata a tutti i livelli. Un buon esempio di emanatismo tardo platonico…

In sintesi, anche per quanto riguarda i PRIN mi pare si possa sostenere che l'opacità regni sovrana.

A me pare imprescindibile porre invece le seguenti richieste:

a) Le modalità di selezione dei progetti (PRIN e non PRIN, anche i FIRB sono nella stessa situazione ora descritta) devono essere rese pubbliche ed essere visibili sui siti istituzionali del MIUR e del CINECA oltre che dei diversi Atenei; qualora si faccia uso di software appositi il loro funzionamento deve essere spiegato con chiarezza ed essi devono poter essere scaricabili, per i controlli opportuni che ciascuno ha il diritto di intraprendere sul loro funzionamento;

b) Tutte le valutazioni (ovviamente anonime) che ogni progetto riceve devono essere visibili a tutti (salvaguardando l'anonimato dei valutatori!) una volta conclusi i processi di selezione. Trattandosi di selezioni pubbliche, non può essere invocata in alcun modo la privacy; se qualche studioso è di pelle eccessivamente delicata e ritiene di non poter sopportare un pubblico giudizio negativo si asterrà dal presentare progetti. Si consideri inoltre come la certezza di vedere il proprio giudizio sia pur anonimamente pubblicato rappresenti certamente una remora forte all'eventuale stesura di valutazioni apertamente denigratorie verso la persona del proponente.

c) In ogni fase del percorso di valutazione dei progetti devono essere coinvolti solo e soltanto organi di natura istituzionale, e nessun ruolo devono invece avere strutture di natura del tutto privata come la CRUI. Non ho nulla contro le lobbies, ma - come è usuale nel mondo anglosassone - una lobby è una lobby, un'istituzione è un'istituzione.

Brunello Mantelli 
 
Professore Associato
SSD: M-STO/04
Torino, 22 luglio 2012

PS: quando le mie richieste di chiarimento erano già partite ed avevano assunto forma pubblica, la Commissione Ricerca di UniTO, servendosi dell'opportunità di ripescaggio a quel punto concessa dal MIUR, ha aggiunto ai 19 PRIN già preselezionati un ulteriore, ventesimo. Di area storica. Un progetto di grande respiro (non si tratta del mio!), del cui "salvataggio" in zona Cesarini sono estremamente lieto, e per il suo valore e per la statura internazionale dei colleghi coinvolti. Ad ulteriore conferma però che non di rado "oportet ut scandala eveniant".

Cara Università, ecco il primo esame: i conti in tasca a chi deve scegliere


Cara università, ecco il primo esame i conti in tasca a chi deve scegliere 
Studenti in allarme: città per città, la mappa dei possibili aumenti
la Repubblica - 23/07/2012
SALVO INTRAVAIA

ROMA — Architettura o ingegneria, lettere o lingue? Per 500mila studenti che hanno appena finito la maturità è già scattato il rebus della scelta universitaria. Ma, con il rientro dalle vacanze, molti si troveranno di fronte a una brutta sorpresa. Da Milano a Palermo potrebbero scattare aumenti stellari delle tasse. E l’iscrizione diventare proibitiva anche per le matricole. Questo almeno temono gli studenti dell’Unione degli universitari che, sulla scorta dei provvedimenti contenuti nel decreto 95, hanno elaborato una simulazione degli incrementi possibili per ogni ateneo, in seguito alla norma che ridisegna il calcolo del tetto del 20 per cento. Ovvero del rapporto fra i contributi versati dagli studenti e il finanziamento erogato dallo stato agli atenei. «È liberalizzazione selvaggia», denuncia l’Udu

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giovedì 19 luglio 2012

CoNPAss - LETTERA APERTA AL DIRETTIVO ANVUR


Spett.le Direttivo dell’ANVUR,

il Direttivo Nazionale del Coordinamento Nazionale dei Professori Associati (CoNPAss) intende evidenziare, con riferimento alle procedure per l'abilitazione nazionale, alcune delle numerose aporie e contraddizioni presenti negli ultimi documenti da Voi diffusi. Auspichiamo che queste vengano risolte prima dell'avvio delle procedure, così evitando i numerosi ricorsi che altrimenti verrebbero inevitabilmente avviati da numerosi docenti e ai quali il CoNPAss non si asterrebbe dal dare tutto il proprio sostegno, anche in termini di assistenza legale.

Trascuriamo in questa fase una compiuta analisi dell'irragionevolezza dei contenuti del DM 76, che prevede come condizione necessaria (salvo deroghe da parte delle Commissioni, che in ogni caso non potranno che essere ulteriormente restrittive) per il conseguimento dell'abilitazione nazionale il superamento dei valori mediani di alcuni indicatori, calcolati sui docenti della fascia per la quale si concorre. Tale scelta, proposta dall'ANVUR e fatta propria dal ministro, introduce l'irragionevole ed illegittimo principio secondo cui per accedere ad una fascia sono richiesti requisiti che, per definizione, non sono posseduti da metà dei docenti che a quella fascia appartengono. Non comprendiamo come, Voi prima, ed il ministro poi, abbiate potuto trascurare l'evidente incostituzionalità di tale previsione.

Ciò che in questa sede il CoNPAss ritiene opportuno esprimere a codesto Direttivo sono le proprie forti preoccupazioni su alcuni aspetti della procedura conseguenti ai Vostri recenti pronunciamenti, che rischiano di creare una situazione che, se non sanata, sarebbe destinata a vanificare tutto il lavoro svolto fino ad ora. Ci soffermiamo in particolare sulle incongruenze relative ai settori "bibliometrici", essendo già state sollevate da più parti rilevanti critiche alle procedure previste nelle aree umanistiche. Nelle indicazioni fornite attraverso il sito web istituzionale dell'ANVUR si annidano infatti varie incongruenze, e alcune scelte in palese difformità con il DM 76:

1) come avete recentemente dichiarato, l'età accademica verrà calcolata considerando il più antico articolo presente SIA nel database CINECA SIA in una delle banche dati (WoS o SCOPUS). In questa scelta è già contenuta più di una violazione del dettato del DM 76, che faceva riferimento, per il calcolo dell'età accademica, alla prima pubblicazione scientifica, così definita senza ulteriori specificazioni. Il doppio vincolo da voi introdotto (presenza nel database CINECA E nelle banche dati internazionali) determina una evidente riduzione delle età accademiche, con conseguente incremento dei valori delle mediane. E' ovvio infatti che in diversi casi si avranno età accademiche decisamente minori rispetto alla stesa immissione in ruolo dei corrispondenti docenti. Un professore ordinario con 45 anni di anzianità di servizio in ruolo e la cui prima pubblicazione presente nelle banche dati internazionali risalga, ad esempio, al 1997, avrà quindi un'età accademica di soli 15 anni? E questo, anche al di là dell'evidente irragionevolezza, Vi appare coerente con il dettato del DM 76? Non siamo certi che i giudici amministrativi che fossero investiti della questione (e lo saranno certamente, se non intervenite tempestivamente a correggere la procedura) concorderanno con la scelta da Voi adottata.

2) sebbene il DM 76 indicasse chiaramente come uno dei parametri l'h-index normalizzato per età accademica (definita come il numero di anni trascorsi dalla prima pubblicazione) e la Vostra Delibera 50 confermasse questa determinazione, adesso dichiarate che farete riferimento ad un parametro diverso, che dichiarate essere coerente "nello spirito e nel testo" con il DM 76. Si tratta del "contemporary h-index, la cui differenza dall'h-index normalizzato per età accademica è evidente a tutti (e certamente anche a Voi). La normalizzazione del numero delle citazioni per il numero di anni dell'articolo (quella che chiamate, con indubbia fantasia, l'età accademica dell'articolo) non ha infatti nulla a che vedere con la normalizzazione per età accademica (DEL DOCENTE!) dell'h-index. Al di là del fatto che il parametro utilizzato sia in sè migliore o peggiore rispetto all'M-index, non è pensabile che un decreto ministeriale possa essere superato da una Vostra autonoma determinazione, da quello assolutamente difforme. Inoltre, sulla base di alcune simulazioni realizzate dal CoNPAss, il numero di docenti per i quali si ha il superamento del valore mediano del m-index della fascia superiore, ma non di quello relativo al contemporary h-index, è assai elevato. Docenti che si vedrebbero privare di un possibile avanzamento di carriera sulla base di una determinazione del direttivo dell'ANVUR difforme dal decreto ministeriale, e che quindi, inevitabilmente, avvierebbero numerosi conseguenti ricorsi.

Il CoNPAss ha il massimo interesse che le procedure di abilitazione possano avviarsi rapidamente, essendo ormai notevolissimi e non più accettabili i ritardi accumulatisi rispetto alle previsioni della L. 240. Tuttavia, realizzare i concorsi in queste condizioni porgerebbe su un piatto d'argento una pletora di motivi di ricorso a chi non ne fosse premiato, mettendo a rischio, e posticipando ulteriormente, e scandalosamente, quel minimo di ricambio e di opportunità di carriera che è sopravvissuto alle drammatiche e miopi "griffate" degli ultimi ministri dell'Università.

Ci auguriamo quindi un Vostro tempestivo intervento per superare le nuove cause di illegittimità delle procedure che le Vostre scelte stanno introducendo, auspicando nel frattempo un altrettanto tempestivo intervento del ministero per risolvere i numerosi ulteriori vizi di legittimità del DM 76. In assenza di ciò l'ANVUR, insieme al ministro che ha inopinatamente accolto le proposte da Voi formulate, porterà tutte le responsabilità conseguenti al blocco delle procedure che si dovessero determinare

http://www.professoriassociati.it/

domenica 15 luglio 2012

La bufala del “colpo ai fuori corso” maschera l’innalzamento delle tasse per tutti: basta trucchi e stato d’emergenza!

Da troppi anni l’Università italiana è controllata da pochissime persone. E’ ormai tradizione che costoro utilizzino un metodo ricorrente, finora sempre efficace: approfittano dei continui, spaventosi tagli annunciati dal governo di turno o dell’astrusa novità regolamentare all’ultima moda per far piombare sugli atenei un clima di emergenza e di “stato d’eccezione”. Divengono così all’ordine del giorno (quasi bramate e glorificate) furbizie d’ogni genere e atteggiamenti che, in altri contesti, verrebbero definiti da “faccendieri”. Ci sono poche risorse nel fondo di finanziamento ordinario (FFO)? Certo è un problema, ma “i nostri”, grazie ai buoni rapporti personali in alto loco, raggranelleranno magari qualche soldo da un accordo di programma, oppure da un progetto specifico (una “scuola”, per esempio), o riusciranno a trovare qualche escamotage alla “così fan tutti”, passando pure per salvatori della patria. Tutti zitti e buoni, per carità, che forse ce la scampiamo! Nel frattempo, le “eccezioni” (chiamate dirette, salti di settore, didattica a costo zero ecc.) diventano la regola. Nello stato d’emergenza, si sa, quel che conta sono i singoli, con le loro cerchie di amicizie, conoscenze e buoni offici. Le regole sono lacci e lacciuoli, e spesso restano travolte: danni collaterali, com’è avvenuto ad esempio a decine di Atenei che hanno sforato il limite del 20% previsto nel rapporto tra tasse richieste agli studenti e FFO.

Che fare? Intanto, un bel premio: anche agli Atenei che hanno sforato il limite (talvolta a causa dello “strozzamento” governativo) si può riconoscere “virtuosità” (beffa assoluta). Tradotto, gli è “concesso” di essere tra quei pochi “fortunati” che possono sostituire (comunque solo in piccola parte!) dei docenti giunti alla pensione con altri più giovani. E’ questa la genialità dello stato d’emergenza: far considerare alla stregua di una concessione ciò che dovrebbe essere l’assoluta normalità (continuare a funzionare), amplificando i poteri delle persone, distruggendo ogni voce critica e mettendo in secondo o terzo piano le regole.
Per il passato facciamo finta di nulla, si è capito; e per il futuro? si ripristina la “legalità”? No di certo: si sfrutta l’occasione per rendere legale ciò che non lo era, liberalizzando di fatto ampi aumenti delle tasse universitarie. Ancora una volta un trucco, un coniglio dal cappello, un cambio di mazzo neppure dissimulato.

Il divieto, vigente fino ad oggi, prevedeva che, le tasse prelevate a TUTTI gli studenti di un certo Ateneo non potessero superare il 20% dell’ FFO erogato all’Ateneo stesso. Il trucco si articola in “due colpi di mano”, più un paracadute di riserva, e funziona così: primo, non si fa più riferimento a TUTTI gli studenti, ma soltanto a quelli comunitari e, soprattutto, a solo quelli “in corso”. Gli altri, ai fini del limite delle tasse, di punto in bianco semplicemente non sono più contati come studenti. Facile, no? Comunque, per buona misura, è stata aggiunta anche un po’ di disinformazione: molti giornali (e anche il Ministro) hanno raccontato di un provvedimento che penalizzerebbe “i fuori corso”. Ancora una volta si individuano degli ipotetici fannulloni e si mettono all’indice, con unanime soddisfazione, ma... semplicemente non è vero, e non è necessario essere super-tecnici ex rettori di un Politecnico per saperlo: basta affrontare un problemino da scuole elementari. Per ipotesi, nell’Ateneo A oggi ci sono 100 studenti, che, complessivamente, non devono pagare più di 100.000€ (perché l’FFO è di 500.000€, e la soglia è il 20% di questo valore). La media è di 1.000€ a testa. Se, con la nuova norma, da quei 100 studenti togliamo, ad esempio, 35 fuori corso e 15 non comunitari, lasciando la soglia complessiva a 100.000€, quanto potranno arrivare a pagare i rimanenti 50 (quelli IN CORSO)? Semplice, il doppio: 2.000€. Questo a prescindere da quanto sarà prelevato ai fuori corso, che comunque non verrà conteggiato.

Ma non basta: il secondo colpo di mano del trucco fa anche alzare la soglia, che non sarà più soltanto l’FFO ma vedrà aggiungersi tutti gli altri introiti ricevuti dallo stato (compresi quelli più o meno discrezionali, tanto per rafforzare lo stato d’eccezione). La soglia potrebbe diventare così 150.000€ e il numero di persone cui applicarla abbassarsi - come detto - a 50 (i soli comunitari in corso): in questo modo, legalmente, a tutti gli studenti potrebbero essere triplicate (o anche di più) le tasse. Et voilà! Un bel paradosso: più l’Ateneo ha un establishment “smart”, che trova il modo di avere molti fondi statali diversi dall’FFO, più può elevare di molto le tasse a tutti gli studenti.

Molto furbo, ma non basta ancora. Se anche così l’Ateneo sforasse la soglia, la sanzione prevista è semplicemente… “destinare le maggiori entrate al finanziamento di borse di studio a favore degli studenti”. Insomma, borse di studio erogate dagli Atenei che verranno però pagate dagli altri studenti con tasse che superano la soglia prevista: una sorta di sottoscrizione. A qualcuno sembra l’ombra di un deterrente?

Attenzione, non si tratta di un colpo basso per il tempo necessario a superare la crisi. È invece un (altro) provvedimento che deriva da un’idea utilitaristica di Università, molte volte suggerita dalle colonne dei quotidiani, da quasi tutti i partiti e persino da certi cosiddetti intellettuali: l’alta formazione è un privilegio, un interesse egoistico dello studente. Sarebbe lui, e non la Società, a trarne vantaggio, ed è per questo che deve pagare “profumatamente”. E’ un’idea che sta già mostrando la sua pericolosità negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, creando macerie culturali oltre che economiche e noi la contrastiamo fortemente; per questo - in sintonia con le mozioni che ormai provengono da più Atenei - chiediamo l’abrogazione del provvedimento descritto (comma 47 dell’art. 7 della cosiddetta “spending review”). Un comma di un articolo che, già dal titolo, tradisce i suoi effettivi intenti: “Riduzione della spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri”. Altro che “responsabilizzare i fuori corso”: è una dichiarata “riduzione della spesa”! Si dice altro ma si vogliono creare le condizioni per spostare sulle famiglie e sugli studenti i residui oneri che ancora lo Stato si assume per la ricerca e l’alta formazione. Crediamo nella funzione sociale dell’Università e non restiamo in silenzio mentre surrettiziamente si manomette un pilastro come il diritto allo studio – peraltro garantito costituzionalmente – in attesa di veder crollare l’intero edificio. Preferiremmo che ci si assumesse le proprie responsabilità, dichiarando apertamente gli obiettivi politici (in questo caso consentire un notevole aumento delle tasse universitarie), anziché elaborare continuamente giochi di prestigio su vari temi mascherandoli dietro elementi di “giustizia”; o “a favore dei giovani”. Di trucchi del genere (spesso introdotti con suadenti termini anglofoni, come spending review, tenure track, ecc…) l’Università è oramai piena, e francamente non ne possiamo più. Ci torneremo su, illuminandoli uno alla volta, certi del supporto di tante colleghe e colleghi che vogliono una Università pubblica, libera e aperta e che non possono più tollerare senza reazione trucchi e imperi di pochissimi potenti, proliferati nello stato d’emergenza senza fine.

Ricercatori per una università Pubblica, Libera, Aperta
http://www.rete29aprile.it/

Caro Professor Profumo, e se fuori corso ci fosse andato lei?

Chiar.mo Professor Profumo (dovrei scrivere Gentilissimo signor Ministro, ma mi piace pensare che Lei sia e resti soprattutto un professore universitario),
 
ho letto la pagina online del Corriere della Sera del 12 luglio che riporta stralci di Sue dichiarazioni sotto il titolo "Università, quei 600milafuori corso. Il ministro Profumo: sono troppi, più tasse"
 
Capisco che la giornalista abbia, nel comporre l'articolo, messo in evidenza le informazioni che le sono parse più interessanti, e di maggiore presa sul lettore: l'aumento delle tasse universitarie per fuoricorso e studenti extracomunitari. Mi stupisce, però, che non abbia fatto alcun cenno alla sostanziale liberalizzazione di tutta la contribuzione studentesca introdotta dal Decreto Legge sulla Spending Review. E' questa, infatti, la notizia più importante: il Decreto permette alle Università pubbliche di alzare le tasse universitarie, per tutti.
Forse, Lei, Ministro, non ne ha parlato? A me, da semplice cittadina, piacerebbe che ne parlasse, e spiegasse che cosa significa il disposto dell''art.7, comma 42, del Decreto Legge per la Spending Review. Lei ne ha illustrato solo una delle conseguenze, temo: quella più digeribile per il Paese (in fondo, sembra giusto che gli studenti perditempo siano spinti a studiare di più, e se anche si aumentano le tasse per gli studenti extracomunitari...beh, diciamocelo, non sono questi i problemi cui siamo più sensibili in questo momento...)
 
Ho un po' di difficoltà, io ricercatore di Economia politica, a discutere su una questione di aritmetica con un professore ordinario di Ingegneria, ex Rettore di un Politecnico, ed ex Presidente del CNR. Però, mentre dissento dal suo giudizio sui fuoricorso, e soprattutto dalla soluzione che vorrebbe adottare per ridurre il fenomeno, ma anche per ridurre il numero di studenti extracomunitari che vengono a studiare in Italia (e la nostra spinta all'internazionalizzazione dove è andata a finire?), mi conforta un po' sapere che i numeri difficilmente tradiscono, hanno una sola lettura corretta. Spero quindi che Lei non mi bacchetterà per quello che sto per scrivere, e dovrà convenire che ho ragione.
 
L'articolo modifica (le modifiche sono IN MAIUSCOLO) l'art. 5, comma 1,  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 25  luglio  1997,  n.  306, titolato "limite alla contribuzione universitaria", come segue:
" (…),la contribuzione studentesca "DEGLI STUDENTI ITALIANI E COMUNITARI ISCRITTI ENTRO LA DURATA NORMALE DEI RISPETTIVI CORSI DI STUDIO DI PRIMO E SECONDO LIVELLO" non puo' eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. DEI TRASFERIMENTI STATALI CORRENTI ATTRIBUITI DAL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA. E' FATTO OBBLIGO AGLI ATENEI CHE SUPERANO TALE LIMITE DI DESTINARE LE MAGGIORI ENTRATE AL FINANZIAMENTO DI BORSE DI STUDIO A FAVORE DEGLI STUDENTI."
 
Se leggo bene, l'intera contribuzione studentesca di un Ateneo non poteva superare fino ad oggi il 20% di un certo importo (in realtà lo superava eccome, in un buon numero di Atenei, costretti a tirare su un po' di soldi dall'utenza per garantire un servizio decente, ma non era prevista per questo nessuna sanzione).
 
Ora, dal totale della contribuzione vengono sottratti i contributi universitari versati dagli studenti fuoricorso e dagli studenti extracomunitari: quindi quel tetto del 20% va diviso per il solo numero degli studenti in corso (non extracomunitari). Operando una semplice divisione (contribuzione diviso numero studenti), in cui il numeratore è invariato ma il denominatore è diventato minore, il risultato (=importo medio massimo delle tasse universitarie per studente in corso non extracomunitario) è certamente maggiore.
 
Se vado avanti a leggere, scopro che l'importo su cui quel 20% viene calcolato non è più il finanziamento ordinario annuale, ma un aggregato che è di solito maggiore del finanziamento ordinario. Questa volta, rifacendo la divisione, anche il numeratore è aumentato, quindi il risultato (=importo medio massimo delle tasse universitarie per studente in corso non extracomunitario) sarà dunque ancora maggiore.
In conclusione, non solo si profila (anzi, direi che il Ministro dell'Università auspica) un aumento delle tasse universitarie per i fuoricorso (e per gli studenti extracomunitari), ma si alza, e parecchio, il limite delle tasse universitarie per gli studenti in corso.
Fin qui i numeri. Mi dica, professore: ho sbagliato? Non credo.
Credo che davvero il Governo voglia dare il via libera all'aumento delle tasse universitarie, questione che non ha niente a che vedere con la Spending Review, ma che piuttosto attiene alla volontà di far gravare sempre più sugli utenti il costo del servizio universitario, che sta perdendo le sue connotazioni di servizio pubblico, e che non sarà invariato, ma peggiore, poichè è stato ancora ridotto il tasso di turnover del personale e si procederà ad una razionalizzazione della spesa (è razionale acquistare il materiale di consumo attraverso un sistema di convenzioni per spuntare il miglior prezzo al ribasso, e ottenere una partita di penne spuntate? da noi a Genova si fa già così, ma se in ogni stock di penne solo una ogni quattro funziona c'è qualcosa di irrazionale in questa razionalizzazione, mi pare).
 
Con la Spending Review, quindi, si intrecciano non solo decisioni di stampo paternalistico (siamo sicuri che tutti i fuoricorso vadano educati? io non credo, ma il discorso mi porterebbe troppo lontano), ma anche mal celate volontà di privatizzare l'Università Pubblica: più che di revisione della spesa, mi sembra che si stia andando verso una sostituzione della spesa pubblica con quella privata. Dietro la necessità di risanamento si nasconde un disegno politico di privatizzazione dell'Università, che diventerà inaccessibile a molti. Perchè un Governo di professori universitari non comprende che l'Università dovrebbe essere un motore di crescita, e che gli studenti cervelloni sono uniformemente distribuiti fra la popolazione, indipendentemente dalla situazione economica delle famiglie di origine? Ed è quindi miope, oltre che ingiusto, impedire loro l'accesso all'Università?
 
A questo proposito, la tanto attesa sanzione (anche questa introdotta dallo stesso articolo) per gli atenei che superano il tetto della contribuzione universitaria pare essere una dimostrazione emblematica di questa miopia:: gli atenei che supereranno il fatidico limite dovranno destinare le maggiori entrate (derivanti dal superamento) al finanziamento di borse di studio a favore degli studenti. Qui sono preparata: sono certa che si tratti di una misura di redistribuzione a favore degli studenti meritevoli e meno abbienti, quindi di una misura equitativa. Giusto, equo, conforme ai principi costituzionali! Se non fosse che, come ben sa, le tasse universitarie si pagano in relazione al reddito ISEEU, che si basa su una autocertificazione comprensiva della dichiarazione dei redditi. E che quindi c'è il rischio, se non la certezza, che le maggiori tasse pagate da chi è figlio di un lavoratore dipendente - che non può essere evasore - e da chi è onesto siano utilizzate per borse di studio in favore di studenti meno abbienti ma anche di figli di evasori fiscali.
 
Ho letto che Lei, savonese, si è laureato al Politecnico di Torino soggiornando per tutto il corso di studi in un collegio universitario, grazie ad una borsa di studi, che sono sicura meritasse per il suo curriculum e per censo. Se non avesse avuto questa possibilità, avrebbe probabilmente pendolato su scomodi treni tra Savona e Genova, perdendo tempo ed energie, e magari finendo fuoricorso. Ci ha mai pensato, signor Ministro, a quanto è stato fortunato? Se ne ricorda ancora?

Grazie per l'attenzione
 
Serena Scotto
 
ricercatore SECS-P/01
Università degli Studi di Genova
Rappresentante eletto del Collegio scientifico-disciplinare economico-giuridico-politico in Senato Accademico

martedì 10 luglio 2012

CoNPAss - NO AD OGNI AUMENTO DELLE TASSE UNIVERSITARIE!!!


http://www.professoriassociati.it/

COMUNICATO STAMPA

Per una università di qualità
Per lo sviluppo civile ed economico del Paese
Per la piena realizzazione della Costituzione

NO AD OGNI AUMENTO DELLE TASSE UNIVERSITARIE!!!

L’articolo 3, secondo comma, della Costituzione prescrive: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; l’articolo 34, terzo comma, afferma: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Secondo i dati di Almalaurea, nel nostro paese sono solo 20 su 100 i laureati in età compresa tra i 25 e i 34 anni, contro la media europea del 37%. È un male antico: nella popolazione compresa tra i 55-64 anni, sono laureati 10 italiani su cento, metà di quanti ne risultano nei paesi Ocse (in Francia sono 18, in Germania 25, nel Regno Unito 29, negli USA 41). Eppure una laurea serve, perché in Italia il tasso di occupazione per chi possiede titoli d’istruzione universitaria supera di oltre 28 punti percentuali quello di chi non ha completato un ciclo d’istruzione secondaria superiore.

Un ostacolo ad una maggiore frequenza universitaria è sicuramente rappresentato dalle tasse d’iscrizione, che pongono l’Italia al terzo posto tra gli Stati europei, con una media di 1.100 euro (poco meno di un mese del salario netto di un lavoratore dipendente!); solo in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi le università sono più care: in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria sono del tutto gratuite, in Germania, Francia e Spagna assai meno costose.

È notizia della scorsa settimana l’aumento medio della tassa regionale sul diritto allo studio del 40%, nonostante le istituzioni continuino a non essere capaci di garantirlo a tutti i capaci e meritevoli: siamo l’unico Paese al mondo, del resto, in cui esiste la categoria degli “idonei senza borsa”; non dimentichiamo, inoltre, che le tasse studentesche coprono di fatto già il 50% delle borse di studio, realizzando in tal modo un sostanziale disimpegno dello Stato dal proprio compito primario e costituzionale di garantire l’accesso all’istruzione di ogni giovane meritevole, a prescindere dalle possibilità economiche della sua famiglia.

In Italia esiste inoltre il caso incredibile di una legge dello Stato puntualmente disattesa da quasi 6 Atenei su 10 in quanto non prevede alcuna sanzione (e il MIUR si guarda bene dall’applicarne alcuna): si tratta del DPR 306/97 che stabilisce che l’importo della contribuzione studentesca non può superare il 20% del fondo di finanziamento ordinario che il Ministero assegna a ogni singola Università. Il 59% degli Atenei - solo in parte per via della riduzione del FFO – è fuorilegge e il governo che fa? Cambia numeratore e denominatore del rapporto, scorporando dal conteggio le contribuzioni dei fuori corso (consegnandoli perciò alla “predazione contributiva”) e dall’altro lato aggiungendo al FFO ogni altro trasferimento statale: il numeratore si riduce, il denominatore aumenta, il gioco è fatto!

L’ultimo Decreto Legge del governo Monti (cosiddetto “spending review”) infatti permette, con un trucchetto da gioco delle tre carte, agli atenei di aumentare tasse già esorbitanti rispetto alla media europea nella speranza di rattoppare i buchi aperti nei bilanci universitari dal taglio del finanziamento ordinario, in atto da anni.

È un provvedimento odioso, che penalizza i giovani delle famiglie meno ricche, che punta a scatenare una guerra dei poveri tra studenti ed amministrazioni universitarie, che danneggia il paese intero perché farà ulteriormente abbassare il numero di giovani laureati. Forse qualcuno vuole che l’Italia torni ad essere quello che era negli anni Cinquanta, quando l’istruzione superiore era riservata ai “Pierini del dottore”.

Duole constatare che anche l'attuale esecutivo, in totale continuità con il governo precedente, nel riempirsi la bocca di "provvedimenti per la crescita", ignori e anzi penalizzi quello che è l'unico mezzo per una reale inversione di tendenza, e cioè il rilancio, anche sul piano morale, della ricerca, dell'istruzione, della cultura.

Dietro il pretestuoso paravento della lotta agli sprechi, bolso cavallo di battaglia dell'ex ministro Gelmini, sprechi attribuiti a un paese che occupa il penultimo posto nell'OCSE per i finanziamenti all'istruzione, anche l'attuale governo, con la lungimiranza di una talpa, continua a penalizzare gli strumenti di crescita, e cerca di illudere gli italiani che, con tagli lineari alla spesa pubblica e nuove tasse o artifici esclusivamente finanziari, possa esserci un ignorante, ma benefico, sviluppo.

Avendo già raschiato il fondo del barile nel depauperare le strutture e il personale del mondo della cultura, ora il gabinetto Monti ha l'impudenza di indirizzare l'aggressione economica sugli studenti, cioè sul futuro della nazione, infischiandosene, sul piano etico, della ennesima angheria fatta alle nuove generazioni, e delle intollerabili iniquità sociali così indotte. Ma soprattutto, ed è ancora più grave, di come sarà l'Italia del futuro, dato che bloccare la mobilità sociale significa privare il paese di forze vive indispensabili per la sua crescita culturale ed economica.

Come docenti impegnati a contrastare la distruzione in atto dell’alta formazione, avviata dal ministro Gelmini e continuata dal ministro Profumo, ci opponiamo e ci opporremo a qualunque aumento delle tasse universitarie.

CoNPAss Direttivo Nazionale
8 luglio 2012

lunedì 9 luglio 2012

Elezioni del Rettore di Uninsubria 2012-2018 - Quali impegni per quale futuro?


Ai Professori e ai Ricercatori
Al Personale tecnico-amministrativo e dirigente
Agli Studenti
dell'Università degli Studi dell'Insubria



Carissimi,

in occasione delle prossime elezioni per il rinnovo del Rettore del nostro Ateneo, APeR - Libera Associazione dei Professori e dei Ricercatori dell'Università degli Studi dell'Insubria intende promuovere il confronto pubblico dei candidati con metodologie e strumenti di partecipazione trasparenti e condivisi.

A questo scopo, siete tutti invitati a inoltrare entro il prossimo 27 luglio riflessioni e proposte su argomenti e/o specifici quesiti da sottoporre ai candidati.

Questo è possibile in due modi:
  • in forma pubblica, lasciando un commento su questa pagina;
  • in forma privata, inviando una e-mail a aper.insubria@gmail.com con subject "elezioni rettore" dal proprio account @uninsubria.it (per gli studenti: @studenti.uninsubria.it).

I contributi pervenuti in tempo utile verranno sintetizzati in un documento da sottoporre all'attenzione dei candidati, i quali saranno invitati a replicare in forma scritta.

Le risposte verranno rese pubbliche e costituiranno la base per un incontro-confronto pubblico in forma di Assemblea di Ateneo, che si terrà nella prima metà del prossimo mese di settembre.

Il Presidente e La Giunta di APeR
Marco Cosentino
Marco Benini
Terenzio Congiu
Adriano Martinoli
Elena Monti
Gloria Tabacchi

venerdì 6 luglio 2012

NO PROROGA RETTORI - Mancini, Profumo e la spending review


Non è credibile l’opposizione del Rettore Mancini (già segretario ed oggi presidente della CRUI) alla inaccettabile proposta della spending review governativa: togliere 200 milioni all’Università per donarli in oblazione alla scuola privata. Non perché quanto scrive Mancini sull’Unità del 5 giugno non sia condivisibile, ma perché il Magnifico non ha titolo per stracciarsi le vesti. Chi ha sostenuto una riforma inaccettabile e chi, contro le disposizioni di quella stessa legge, finge di subire l’interpretazione ministeriale che raddoppia la proroga in modo da gestire in eccesso di mandato la transizione al nuovo ordine degli Atenei, non può adesso strepitare verso il Governo che lo tiene incollato alla sedia.

Anche questo spiega l’inattesa durezza della risposta del Ministro che, assimilando i suoi critici (tra cui Mancini) a uno sbavante quadrupede amico dell’uomo, conferma la sostanza dell’intervento: una sottrazione di risorse al versante della ricerca e dell’Università pubblica, equivalente ai trasferimenti a vantaggio dell’istruzione privata. Nessun guadagno di efficienza. Solo, la conferma di un indirizzo politico di lungo corso che considera il sistema pubblico dell’istruzione e della ricerca come un pesante fardello, una fonte di sprechi da recidere. Non si comprende come facciano gli esponenti del Ministero ad affermare che “il taglio, alla fine, non sarà applicato al fondo di funzionamento ordinario”, quando la risposta virgolettata del Ministro parla esattamente di una cifra di 200 milioni “proposta per il taglio al fondo di funzionamento ordinario delle Università”. Vuol forse dire che, alla fine, il taglio all’FFO sarà annullato? Vedremo.

Sicuramente non risultano condivisibili i richiami ad un “processo ancora in itinere” e da valutare ex post in relazione ai tagli all’Università o ad una riduzione di stanziamenti per il settore privato. Da un governo tecnico così sensibile alle istanze formulate dal Presidente della Repubblica, ci saremmo attesi maggiore coerenza con i vibranti interventi del Quirinale in merito alla necessità di non mortificare la ricerca, l’alta formazione e, in ultima istanza, il futuro del Paese. La spending review avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per invertire la rotta di una politica suicida, per prendere esempio da cugini-competitors (Germania e Francia in primis) che, in risposta alla crisi, hanno aumentato le spese per la ricerca e la formazione, considerandole giustamente un investimento per la competitività del sistema-Paese, un obbligo morale (prima che economico) verso i giovani e le future generazioni.

Auspichiamo che – come minimo – i tagli ipotizzati rientrino. Altrimenti l’intero sistema universitario nazionale dovrà reagire con la necessaria energia a questo ennesimo attacco. Come? Sensibilizzando nell’immediato le parti politiche e l’opinione pubblica, attivando le eventuali necessarie mobilitazioni e, non da ultimo, riaffermando i valori essenziale della legalità, della legittimità degli atti, della democrazia nelle Università tramite l’elezione di nuovi Rettori, capaci non solamente di “gestire transizioni”, ma soprattutto di difendere e rilanciare in maniera seria, forte, credibile l’Università italiana senza poter essere immediatamente richiamati all’ordine, paragonati al cane di Pavlov.

Il coordinamento nazionale NO PROROGA RETTORI


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