domenica 27 febbraio 2011

Confesso, non ho capito questa rivoluzione degli atenei


Ho letto che a breve, finalmente, scoppierà una vera e propria “rivoluzione” nei sette atenei della nostra regione. “Rivoluzione copernicana”, “università del federalismo”, “progetto pilota”, “modello Campania”: titoli e definizioni roboanti per descrivere quanto dovrebbe, di qui a poco, accadere. Leggo, addirittura, che i termini della suddetta rivoluzione sono stati formalizzati in un protocollo operativo - tra ministero, regione ed università – siglato nel corso di una pomposa conferenza stampa a Roma dal ministro Gelmini e dal presidente Caldoro alla presenza di tutti i rettori delle università napoletane, salernitana e beneventana.


Sono poi passato dai titoli agli articoli e qui, lo confesso, in quel preciso momento sono stato assalito dal sincero timore di dover scoprire di non essere né capace nè degno di dare il mio pur piccolissimo contributo di docente e ricercatore all’annunciato processo di stravolgimento di uomini e cose nella massima istituzione del mondo del sapere campano. Però sono stato bravo, ho mantenuto la calma e, riuscito a superare il delicato momento critico, leggendo scrupolosamente, ho scoperto che, come prima cosa, il rettore Marrelli definiva “a costo zero” la rivoluzione in fieri. Ma come, mi sono chiesto, a mani e cervello nudi come è possibile fare una rivoluzione? Forse perché si tratta di una rivoluzione culturale, mi sono risposto! E se fosse solo virtuale? Marrelli, però, aggiungeva che quello che accadrà somiglierà molto a quanto verificatosi nei trasporti con il biglietto Unico, e questo al momento non l’ho capito. Ma, andando avanti nella lettura, sobbalzo di nuovo apprendendo che per il rettore Viganoni resterà sempre da sciogliere il nodo del riparto delle risorse. Questa volta però è il presidente Caldoro a rassicurarmi perché, leggo che ci sta lavorando! Il rettore Bencardino infine, che ha non solo la massima responsabilità dell’ateneo sannita ma che è anche il presidente del coordinamento di tutti i rettori campani (il re dei re per intenderci), mi è sembrato più esplicito nell’indicare il nocciolo del cambiamento. Parla di lauree rilasciate da più di un ateneo (?) e di corsi simili fatti confluire presso un unico ateneo (?). Mah! E se queste misure saranno giudicate da qualcuno solo delle piccole “riforme”, la fantasia - che sembra essere andata al potere in Campania in questi giorni - consentirà in futuro agli studenti di mangiare alla mensa di un ateneo differente dal proprio (da Benevento a Napoli oppure da Salerno a Caserta, per intenderci) e di poter frequentare i laboratori di tutti gli atenei in maniera indistinta.

Ecco, ora il paragone fatto da Marrelli con il biglietto Unico Campania trova una spiegazione…. alla luce dei frenetici spostamenti, previsti per gli studenti durante il corso della loro intensa giornata di studio, all’interno del circuito regionale della conoscenza. Ed è a questo punto che, non so perché, sono stato catturato dal ricordo di un vecchio film di Woody Allen (il dittatore dello stato libero delle bananas) con il quale il grande attore-regista riusci’ ad essere semplicemente geniale nel disegnare ironicamente la sua rivoluzione.


Ma se queste sono le linee guida del protocollo siglato, i freddi numeri la dicono tutta sulle concrete conseguenze di questa radicale trasformazione: trentaquattro corsi di laurea soppressi in una ventina di facoltà dei sette atenei della regione, oltre sei sedi decentrate eliminate; il tutto condito con la possibilità di trasferire personale da un ateneo all’altro per tappare gli eventuali buchi. Non cadranno le teste in questa rivoluzione, ma sempre e solo di scure e di tagli si tratta.


Mentre a distanza di vent’anni, solo per fare qualche esempio, Scampia e Ponticelli attendono ancora i nuovi insediamenti promessi, Caserta il suo policlinico universitario, le facoltà di Agraria e Veterinaria continuano ad operare in strutture a vocazione monumentale, e le residenze universitarie restano solo un sogno per gli studenti fuorisede accampati in posti-letto pagati fino a 600 euro al mese. Non riuscendo a scovare nel protocollo siglato ulteriori significativi modi e luoghi di cambiamento, che nel migliore dei casi si configura semplicemente come l’eliminazione di alcuni sprechi, a questo punto la domanda sorge spontanea: ma per fare queste cose era proprio necessario importunare il Ministro?


Raffaele Porta
dal Corriere del Mezzogiorno 26.2.2011

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