lunedì 25 ottobre 2010
Il mito delle "120 ore"
In questo periodo, diversi professori universitari che avevano a suo tempo manifestato l'intenzione di attenersi ai compiti didattici previsti per legge hanno ricevuto in varie forme indicazioni dai propri Atenei secondo le quali il numero di ore di didattica frontale comprese nei compiti didattici dei professori così come definito dalla Legge 230/2005 (ovvero, 120 ore all'anno per i professori a tempo pieno e 80 ore per quelli a tempo definito) varrebbe per tutti i professori attualmente in ruolo.
Tale interpretazione non è sostenibile, in primo luogo in quanto la medesima Legge al comma 19 dell'unico articolo di cui è composta precisa che "i professori possono optare per il regime di cui al presente articolo", col che evidentemente implicando che in assenza di opzione i professori rimangono soggetti al quadro normativo previgente. Riguardo a quest'ultimo, si rimanda per un approfondimento ad un estratto di un documento ADRAT-CNU dell'Università di Pavia, redatto da Piero Milani e Giovanni Cordini (scarica il testo in pdf - 19,0 kb).
Diverso potrebbe configurarsi il caso dei professori che abbiano esplicitamente optato per il regime ex L. 230/2005 (come alcuni hanno fatto prevalentemente a fini pensionistici). Ad essi (e solo ad essi!) potrebbe in effetti applicarsi l'obbligo in principio ricordato. Va tuttavia notato come il comma 16 della medesima Legge, nell'indicare il numero di ore di didattica frontale, aggiunga che "le ore di didattica frontale possono variare sulla base dell'organizzazione didattica e della specificità e della diversità dei settori scientifico-disciplinari e del rapporto docenti-studenti, sulla base di parametri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca." Un tale decreto non risulta emanato, il che rende di applicazione quanto meno ardua la previsione di compiti didattici contenuta nella L. 230/2005 anche a coloro che per un tale regime avessero esplicitamente optato.
Infine, va considerato il caso dei professori che risultino aver preso servizio dopo l'emanazione della L. 230/2005. Va notato a tal proposito che le procedure di reclutamento previste da tale Legge non sono mai state applicate, prevalentemente a causa della mancanza (ancora una volta) dei necessari decreti attuativi. Ad oggi, dunque, nessun professore può dirsi in servizio secondo il regime previsto dalla L. 230/2005, dato che le norme e le procedure per il reclutamento risultano tuttora quelle previgenti, continuamente prorogate. Anche per questi professori valgono quindi gli obblighi previsti dalla normativa già richiamata in precedenza.
In conclusione, si sollecitano gli Organi di governo degli Atenei ad una più corretta interpretazione della normativa vigente, tanto più in un momento nel quale il suo rispetto sta rappresentando un cruciale elemento di civile e democratica manifestazione pubblica di dissenso nei confronti della politica di Governo, riconosciuta da più parti come gravemente dannosa e penalizzante per l'università e la ricerca. La copertura (per di più "a costo zero") di eventuali esigenze didattiche sopravvenute a causa delle legittime iniziative di molti ricercatori e professori non può certo essere trovata attraverso una forzatura non sostenibile di una Legge, peraltro nei fatti mai applicata e disattesa addirittura dalla stessa parte politica che a suo tempo se ne fece promotrice.
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