martedì 23 novembre 2010

LA LEGGE GELMINI E’ PEGGIORATA!


Da
Walter Tocci, deputato alla Camera per il PD.

PDL e Lega stravolgono le regole parlamentari e cancellano perfino i miglioramenti già approvati dalla commissione Cultura.

Si è appena conclusa una brutta pagina di vita parlamentare. Vi racconto in sintesi i fatti. Alle 13,30 la Camera ha approvato col nostro voto contrario la legge finanziaria, ora denominata di stabilità. Mezz’ora dopo PDL e LEGA hanno imposto la ripresa della discussione del ddl Gelmini in commissione Bilancio, dove si era bloccata qualche settimana fa. E’ stata una chiara violazione delle regole parlamentari. Infatti, non si possono approvare leggi di spesa durante la sessione di bilancio. Questa si concluderà solo quando anche il Senato avrà approvato il provvedimento finanziario. Di conseguenza il PD in Commissione Bilancio si è battuto perché non si desse corso al parere. Per un soffio non è passata la nostra mozione che ha raccolto 20 voti (partecipazione al 100% dei nostri deputati) contro i 21 voti di PDL e LEGA. Se anche i tre finiani avessero votato contro si sarebbero rispettate le regole e avremmo bloccato l’iter del provvedimento.

Quella regola non è solo una formalità, ma è ispirata a criteri di buon senso e di ordine delle discussioni. Infatti, la sua violazione ha condotto lo stesso governo in una situazione imbarazzante in cui ha dovuto smentire se stesso e cancellare una serie di norme che avrebbero avuto bisogno della conclusione della sessione di bilancio.

Pur di mettere il suo pennacchio sull’approvazione della legge la Gelmini ha disatteso gli impegni presi in pubblico ed è arrivata a eliminare perfino alcuni miglioramenti che erano stati introdotti dalla commissione Cultura. Le esigenze della propaganda per il ministro vengono prima dei diritti degli studenti, dei ricercatori e dei professori.

A seguire si è riunita la commissione Cultura e abbiamo assistito a una scena penosissima. I deputati della maggioranza hanno dovuto fare una sorta di abiura approvando ben 34 emendamenti abrogativi di norme che essi stessi avevano votato solo qualche settimana fa. A questo si riduce la vita parlamentare quando a comandare è uno solo. Riassumo di seguito i contenuti più importanti di tali emendamenti. Solo chi muove da un radicato disprezzo verso l’università può portare all’approvazione i seguenti peggioramenti:

- eliminazione del ripristino degli scatti di anzianità per i giovani ricercatori sbandierato dalla Gelmini in tante televisioni (art. 5 bis del testo approvato in commissione Cultura)

- definanziamento degli incentivi per l’internazionalizzazione del sistema universitario e in particolare per insegnamenti o corsi di studio che si tengono in lingua straniera (art. 2, comma 2, lettera l)

- possibilità di assorbimento da parte del ministero dei risparmi generati da eventuali fusioni di atenei, dopodiché non si capisce con quali incentivi si realizzeranno tali processi (art. 3, comma 3)

- soppressione del trasferimento dei beni demaniali in uso agli atenei (art. 3bis)


- obbligo di restituzione dei buoni studio anche da parte degli studenti che hanno ottenuto il massimo dei voti (art. 4, comma 1, lettera b)

- cancellazione nella definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) per il diritto allo studio dei seguenti obiettivi: borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi; dopodiché non si capisce che cosa rimanga (art. 5, comma 6, lettera a)

- nei passaggi di livello eliminazione dell’aggancio alla classe quarta per la rivalutazione iniziale che era stato introdotto a parziale compensazione della mancata ricostruzione di carriera (art. 8, comma 3, lettera b)

- definanziamento della retribuzione integrativa per i ricercatori che svolgono didattica o attività gestionali (art. 9 comma 01)


- eliminazione della soglia minima di 20 mila euro annui per gli assegni di ricerca (art. 19, comma 6)

- ammissione che non si tratta di una vera tenure track poiché la conferma di ruolo è condizionata con norma esplicita alla disponibilità delle risorse (art. 21,comma 5)

- mancato riconoscimento delle prestazioni dei contratti a tempo determinato ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza (art. 25, comma 10quater)

- cancellazione della norma relativa ai concorsi per associato che non ha copertura finché non viene approvata al Senato la legge di stabilità.

La perla finale è il commissariamento del ministro Gelmini contenuto nell’ultimo emendamento (art. 25, comma 11 bis). Il ministro dell’Università, secondo la norma introdotta, “provvede” al monitoraggio degli atenei e “riferisce” al ministro dell’Economia il quale interviene “con proprio decreto” per modificare gli stanziamenti in bilancio a favore dell’università. E’ un linguaggio mai utilizzato nella legislazione italiana. Mai prima d’ora, infatti, erano state introdotte norme che subordinano un ministro rispetto a un altro, dal momento che la Costituzione ne stabilisce la parità di rango. Se fosse solo un problema personale potremmo dire che la Gelmini se l’è cercata e non saremo certo noi a compiangerla. Ma qui è in gioco una questione istituzionale che riguarda in ultima istanza la libertà universitaria. Doveva essere una riforma epocale. Oggi non è più neppure un disegno di legge. E’ una doppia ordinanza di commissariamento. Gli atenei sotto il comando del ministero dell’Università e questo sotto il ministero dell'Economia.

Ma non finisce qui. Utilizzeremo gli strumenti parlamentari per impedire questo scempio delle regole.

Lunedì inizia la discussione in aula, entro le ore 12 si presentano gli emendamenti e martedì mattina cominciano le votazioni. La battaglia non è perduta. L’opposizione parlamentare farà sentire la sua voce e avanzerà le proposte per una vera riforma dell’università italiana.

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