domenica 28 novembre 2010

Lettera Aperta: Difendere i Baroni?


Mi chiamo Saverio Giulini e sono professore ordinario da quasi vent'anni; quindi nel gergo un po' troppo semplificato dei mezzi di informazione e dell'opinione pubblica, potrei essere definito un 'barone'.


Mi è stato chiesto quali motivi mi hanno spinto, giovedì mattina alle 11, a recarmi nell’atrio di via Balbi, in Rettorato, rubandoli ai miei studi e ai miei studenti (ma a questi ultimi avevo per fortuna dedicato le due ore e mezzo precedenti). Me lo sono chiesto anch’io visto l’avvilente spettacolo dello sparuto numero di colleghi presenti.

Per chiarirmi le idee ho cercato delle risposte: ecco le ragioni che ho trovato.
Mi sono recato lì perchè avrei voluto che il Rettore manifestasse chiaramente la sua opinione sul decreto Gelmini con un documento scritto, così come è stato fatto dai Rettori di Cagliari e Sassari, dal Senato Accademico di Firenze, dal Politecnico di Milano.

Ma il Rettore non c’era!

Perchè avrei voluto capire per quale motivo i docenti dell’Università di Genova si dimostrano così inerti e apatici, mentre, per citare un esempio, al Politecnico di Milano 660 tra professori e ricercatori si sono autotassati per acquistare una pagina del Corriere della Sera del 24 novembre allo scopo di rendere pubblico il loro marcato dissenso (costo 27000 euro; eh sì, si possono spendere anche cifre simili per difendere un’idea).

Ma di colleghi ce ne erano ben pochi!

Ho allora buttato via il mio tempo? Forse no, perchè di motivi ne ho trovati tanti altri!

Perchè vorrei che qualcuno si prendesse la briga di smentire una volta per tutte lo slogan (che tanta presa ha sull’opinione pubblica) ‘Chi protesta, difende i baroni’, mentre è vero l’esatto contrario: è proprio la ‘riforma’ che accentra nelle mani degli ordinari sia la gestione dei concorsi che gli organi accademici.

Perchè vorrei che qualcuno, a fronte dell’affermazione di un esponente del governo: ‘I Rettori sono tutti concordi nell’approvare la riforma’, contrapponesse le 3000 firme che ha raccolto una petizione per il ritiro del DDL Gelmini, rivolta al Presidente della Repubblica, in cui si recita ‘La CRUI (Conferenza dei Rettori), unica voce che apertamente appoggia la riforma, ha degli interessi corporativi evidenti: i rettori stanno barattando l'università in cambio di un abnorme accrescimento di potere personale. La CRUI, oggi, non rappresenta l'Università: rappresenta solo se stessa’.

Perchè vorrei che ci si indignasse quando si sente affermare da un lato che non ci sono soldi per l’istruzione pubblica, ma dall’altro si presenta un emendamento alla legge di stabilità che aumenta gli stanziamenti per l’istruzione privata da 100 a 245 milioni (rivedere il Titolo II, art. 33 della Costituzione), cifra ben superiore al PRIN 2009 (finanziamenti per i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale, peraltro ancora in alto mare).

Perchè vorrei che i media trovassero il coraggio di affermare con forza ‘Basta menzogne!’ quando qualche politico afferma che lo Stato Italiano spende troppo per l’istruzione visto che Education at a Glance 2010 ci pone al penultimo posto (su oltre 30 stati) nel rapporto tra spesa pubblica per l’Istruzione e spesa pubblica totale, o che gli 8725$ spesi per lo studente universitario italiano sono molto lontani dalla media OCSE di 12336$ (Fondazione Giovanni Agnelli, 2010; ed entrambi i dati si riferiscono al 2006, prima cioè dei maxi-tagli).

Perchè vorrei che tutti si rendessero conto che un testo pasticciato come il ddl Gelmini può essere chiamato con tanti nomi, ma non è sicuramente una riforma.
Perchè vorrei che l’opinione pubblica, ottenebrata da troppi anni di disinformazione, si ricordasse che i nostri parlamentari non sono dei signorotti onnipotenti, ma solo dei nostri dipendenti, per giunta strapagati (il triplo della media europea; sono a disposizione di chiunque sia interessato, per chiarimenti su questo punto).

Perchè vorrei, infine, che ci si ricordasse che bene o male le Università sono ancora tra i pochi luoghi in cui si ‘fa’ della cultura e che, sì, probabilmente la cultura non si mangia, ma senza cultura il nostro Paese muore.

Un modesto, ma onesto impiegato della Cultura
Saverio Giulini
Professore Ordinario di Analisi Matematica
Facoltà di Architettura
Università degli Studi di Genova


P.S.: oggi, venerdì 26 novembre, è apparsa sul Corriere Mercantile un’intervista al nostro Rettore, in cui egli risponde chiaramente al primo dei ‘perchè’ che avevo avanzato. Anche se avrei preferito un documento ufficiale e, da una persona che nel recente passato si è mossa con grande abilità, mi sarei atteso, in un momento di così alta tensione, una maggiore prudenza, sopratutto se si tiene conto che, a quanto pare, nella riunione del 25 novembre, la Conferenza dei Rettori non ha potuto trattare l'ordine del giorno perchè un gran numero di Rettori ha sollevato il problema delle dichiarazioni sulla stampa del Presidente Decleva a sostegno del DDL Gelmini sull'Università.
In ogni caso chiarezza volevo e chiarezza c’è stata. Onestamente non condivido il suo ottimismo, ma spero di sbagliarmi. Quello che non accetto è l’affermazione ‘questa ‘riforma’ toglie potere ai baroni’; gli slogan (mendaci) sono il nutrimento preferito dell’attuale politica italiana e vengono elargiti senza ritegno all’opinione pubblica; che questa mala usanza si diffonda anche nel nostro mondo è veramente grave.
Quanto al problema del reclutamento, che ovviamente sta a cuore a tutti, direi che gli ultimi concorsi, in regime transitorio è vero, ma non per la composizione delle commissioni, hanno dato una pessima prova di sè. Se il buon (o cattivo) giorno si vede dal mattino’.
Infine siamo tutti concordi sulla necessità di una seria valutazione e di una razionalizzazione del sistema Università (salvo proprio quei ‘baroni’ che tutti noi abbiamo in mente e che, in questo momento, se ne stanno zitti zitti), ma le modalità con cui raggiungere tali obiettivi in modo serio sono assai complesse e diversicate, e non mi pare trovino riscontro nelle norme troppo spesso superficiali, farraginose e contradditorie adombrate nel decreto in questione.

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